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TESTO La dedizione del Pastore

don Marco Pratesi   Il grano e la zizzania

Sacratissimo Cuore di Gesù (Anno C) (10/06/2007)

Brano biblico: Ez 34,11-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,3-7

3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

Il profeta Ezechiele ha di fronte la rovina di Gerusalemme, del tempio e d'Israele in esilio a Babilonia, e accusa i capi del popolo, che secondo una metafora orientale chiama "pastori", di non aver saputo guidare il popolo. Essi hanno badato solo a se stessi, invece di mettersi a servizio del popolo se ne sono serviti per il proprio tornaconto. È stato questo uno dei fattori della rovina.

Di fronte a questo cosa farà Dio (e con questo siamo alla prima lettura)? "Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura". Ezechiele preannunzia un impegno ancora più forte da parte di Dio, che interverrà personalmente.

Così la lettura è tutta una descrizione della cura premurosa di Dio pastore nei confronti delle sue pecore, cura che abbraccia quattro ambiti.

Primo, la vita delle pecore: Dio assicurerà loro il nutrimento e la possibilità di riposare tranquillamente.

Secondo, lo smarrimento e la dispersione delle pecore: Dio le cercherà con cura e le riporterà a casa, riunendole tutte (è evidente il riferimento all'esilio).

Terzo, la malattia delle pecore: egli fascerà le loro ferite e le rinvigorirà con una buona convalescienza.

Per quanto riguarda "la pecora grassa e forte", il testo è discordante. La traduzione greca dei LXX (seguita dalla Vulgata latina e dalla versione CEI) dice "ne avrò cura". Il testo ebraico masoretico "la sterminerò". Esso ha presente i vv. successivi (17-22), dove Dio afferma che impedirà alle pecore forti di essere prepotenti, ma anche il testo dei LXX presenta comunque questa idea nell'ultima parte del verso, laddove si dice che Dio pascerà "con giustizia", operando cioè un giudizio. Per una migliore corrispondenza del parallelismo, mi sembra preferibile il testo ebraico, ma nella sostanza non c'è differenza: la guida di Dio sarà tale che assicurerà la prosperità del gregge, senza che i più forti possano opprimere i deboli.

Per un cristiano è immediato vedere in questo testo il familiare profilo di Gesù buon pastore. Il suo cuore è il luogo umano dove si concentra la cura premurosa di Dio per questa umanità disorientata, debole, minacciata, affamata, stanca.

Il cuore di Gesù è nutrimento. Vi si può attingere in abbondanza tutto quanto alimenta e fa crescere la vita.

Il cuore di Gesù è riposo. Lì possiamo riposare da ogni ansia che ci spinge a cercare la vita da soli, affidandoci invece a lui.

Il cuore di Gesù è guarigione. Lì possiamo aprire a lui le ferite che il male, fatto e ricevuto, ci ha inferto.

Il cuore di Gesù è vigore. Nell'intimità col Signore cresce e si rafforza la fiducia e la fortezza.

Il cuore di Gesù è centro. Da lì veniamo sottratti alla dispersione e alla disintegrazione di essere "uno, nessuno e centomila".

Il cuore di Gesù è patria. Lì si trova il luogo che è davvero nostro, nel quale è bello dimorare.

Il cuore di Gesù è giudizio, denunzia di ogni male e fine di ogni umana volontà di prevaricazione.

Il cuore di Gesù è pace: luogo della fraternità, della comune esperienza di essere amati dal grande Pastore che per tutti ha dato la vita.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.

 

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