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ESPERIENZA

1. Una predica nella festa dell'Epifania in India

Piero Gheddo, http://gheddo.missionline.org/?p=826

Nel 1965, in India, alla festa dell'Epifania, sono stato invitato a parlare nella chiesa di una cittadina dello stato di Andhra Pradesh, dove lavorano i missionari del Pime. Essendo l'unico prete disponibile, ho dovuto celebrare la Messa (ma allora si celebrava in latino!) e anche fare la predica dell'Epifania. Dato che sapevo solo poche parole di telegu, la lingua locale (una delle più importanti delle 18 lingue ufficiali dell'India, parlata da più di 80 milioni di indiani, con una letteratura molto ricca e antica), il vescovo di Warangal monsignor Alfonso Beretta mi aveva fatto accompagnare da un catechista che sapeva bene l'inglese. «Tu parla inglese andando adagio», mi aveva detto, «e lui tradurrà in telegu, frase per frase, parola per parola».

Così sono andato in quella grande chiesa di Kammameth (che oggi è Diocesi), piena di gente, col mio bel discorso scritto in inglese. Dopo la lettura del Vangelo, la gente si è seduta e io ho cominciato a parlare, facendo riflessioni sulla festa liturgica, sul significato teologico dell'Epifania. A ogni frase mi fermavo e lasciavo al catechista il tempo di tradurre. Ma, man mano che andavo avanti nella predica, mi accorgevo che mentre le mie frasi erano brevi, il catechista parlava a lungo; e poi, io non citavo nessun nome proprio, ma lui continuava a citare Baldassarre, Melchiorre e Gaspare.

Dopo la Messa gli chiedo come aveva tradotto la mia predica e mi sento rispondere: «Padre, tu dicevi cose troppo difficili che io capivo poco e i nostri fedeli, gente semplice, non avrebbero capito nulla e non sapevo come tradurre. Allora ho raccontato alla gente la storia dei tre Re Magi, chi erano, da dove venivano e cosa hanno fatto quando sono tornati alle loro case dopo aver visto Gesù. Forse tu non sai, ma in India c'è la tradizione che i Magi erano indiani. Io li ho ambientati nei nostri villaggi telegu, in modo che tutti li sentissero come loro antenati. Ma non preoccuparti, ai nostri fedeli la tua predica è piaciuta molto, anche perché hanno capito tutto e adesso le vicende della vita di Gaspare, Baldassarre e Melchiorre le racconteranno anche ad altri».

Quell'episodio mi ha fatto capire una grande verità: il Vangelo è il racconto di un fatto, di un avvenimento, di una notizia; cioè comunica la «Buona Notizia» e usa un linguaggio estremamente concreto, che invita a cambiare vita, a convertirci. Gesù parla con parabole, cioè racconta dei fatti che avrebbero potuto anche essere veri, per dare un'indicazione morale. Non fa come in certe prediche di noi sacerdoti, che la gente non ascolta o non capisce, perché disincarnate dalla vita quotidiana. Essere cristiani significa vivere la vita di Cristo e offrire agli uomini degli esempi concreti di vite spese per Dio e per il prossimo. Quello che convince o scuote e fa riflettere i non credenti o i non praticanti non sono i ragionamenti o le dimostrazioni filosofiche o teologiche (ci vogliono anche queste, ma a luogo e tempo debito)., sebbene i buoni esempi delle vite di Gesù, di Maria e dei santi. E anche dei Re Magi che venivano dall'Oriente!

Anche la nostra vita cristiana deve diventare, agli occhi di chi non crede, un annunzio di salvezza, una testimonianza di fede e di bontà. Nessuno riesce mai a essere un vero cristiano, perché il modello di Gesù è infinitamente al di là delle nostre piccole persone: ma quel che importa è la sincera volontà di camminare per la via che Cristo ci ha indicato. Non preoccupiamoci troppo delle nostre cadute, quando sono sinceramente combattute e detestate, quando ripetiamo ogni giorno al Signore il nostro pentimento e la volontà di togliere il peccato dalla nostra vita. «La santità», diceva Santa Teresina del Bambino Gesù, «non è una salita verso la perfezione, ma una discesa verso la vera umiltà» .

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inviato da Qumran2, inserito il 09/04/2012

ESPERIENZA

2. Siate sottomessi

Ciao don, ti racconto una piccola ma significativa esperienza.

Questa mattina, dovendomi recare in un negozio per una commissione, parcheggiai l'auto in una via a ridosso del marciapiede.

Considerati i pochi minuti della sosta e la scarsa assenza di traffico in quella zona, decisi di lasciarla come avevo fatto altre volte. Da una vicina panchina, dov'era seduto, si alzò un signore anziano che avvicinandosi mi disse in tono polemico: "Non è quello il posto giusto per parcheggiare la macchina!".

Io, ricordandomi dell'insegnamento della prima lettura della messa, "Siate sottomessi gli uni agli altri", che tu stesso hai invitato a vivere almeno oggi, senza fiatare e in atteggiamento di completa obbedienza, portai l'auto in un parcheggio adeguato.

Lo stupore di quell'uomo fu tale che rimase ammutolito e inebetito a fissarmi per alcuni istanti.

All'uscita dal negozio mi rincorse per elencarmi mille giustificazioni, quasi per scusarsi per avermi mosso quel rimprovero.

Grazie don per questi efficacissimi suggerimenti quotidiani che mi aiutano a crescere e a capire che è un vero "peccato" perdere la messa quotidiana.

Forse con i dovuti allenamenti (anche nella fede) tutto risulterà più facile e spontaneo.

Ringrazio Dio che mi da la possibilità di vivere questi insegnamenti con amore per lui.

obbedienzasottomissionedocilità

inviato da Don Ambrogio Villa, inserito il 05/02/2006

ESPERIENZA

3. "Non ci indurre in tentazione"

Devo premettere che ho scoperto, proprio grazie a quello che ho vissuto e che racconterò, quanto è davvero maestra la Chiesa e quanto poco furba sono io a non aver approfittato in passato dell'insegnamento: "evitare le occasioni prossime di peccato".

Confesso che ho sempre avuto un atteggiamento di sufficienza di fronte a questo ammonimento, poiché confidavo nella mia capacità, alla fine, di fuggire il male ma mi sono sempre sbagliata e stavo per cascarci anche stavolta.

Accendere il televisore nelle sere d'estate talvolta ti mette davanti occasioni prossime di peccato: non c'è niente di interessante ma tu, pur di passare la sera, ti fermi un po' più del necessario davanti al film che è iniziato. Capisci subito che non ha un contenuto di valore, non è bello ma continuerà a proporti una storia strampalata, però densa di scene che offenderanno i tuoi sensi. Aspetti ancora un po' a spegnere, ma poi, finalmente e decisamente lo fai. E magari, come è successo a me, ti accorgi, io credo proprio per aver sfuggito una tentazione prossima di peccato, di quella videocassetta che hai comprato qualche mese prima e che avevi lasciato addirittura in bella vista per ricordarti di guardarla. Sono i due tempi del film che la RAI ha realizzato su papa Giovanni XXIII, che non avevo visto, quando la televisione le aveva programmate, per altri impegni.

Era già tardi per il tempo che avevo sprecato prima con l'inizio di quel film spazzatura, ma sono rimasta alzata fino alla fine del film, presa com'ero dalla bellezza della vita di Papa Giovanni. Che dono quella sera.

Terminato il film mi è venuta subito in mente la Bibbia da Vivere che la nostra comunità parrocchiale vive ogni mese: non l'avevo vissuta direttamente, poiché non era stato per averla ricordata che avevo rifiutato la visione di quel film.

E tuttavia sono stata certa che la Bibbia da Vivere del mese c'entrava in qualche modo con la mia decisione così fruttuosa: ho pensato che la grazia di Dio per me in quel momento mi veniva perché la mia comunità stava vivendo proprio quella frase del Padre Nostro: qualcuno di noi la stava vivendo e per quel qualcuno anch'io ne ho tratto beneficio.

Non dimenticherò questa esperienza e, soprattutto, sono convinta che l'ammonimento "evitare le occasioni prossime di peccato" adesso mi accompagnerà più direttamente di prima e anche che farsi santi insieme, oltre che bello, è davvero un dono inestimabile.

Un grazie a tutti quelli che vivono la Bibbia da Vivere nella nostra comunità.

tentazioni

inviato da Don Ambrogio Villa, inserito il 05/02/2006

ESPERIENZA

4. Jacques Fesch: la drammatica storia di un giovane moderno   1

Chi è Jacques Fesch? E' un giovane moderno, che a 24 anni commette un terribile delitto, epilogo di una vita vuota e senza ideali, piena di egoismo e di capricci. Ecco una veloce cronaca del delitto. Il 24 febbraio 1954 Jacques entra al mattino nel negozio di un cambiavalute e ordina un quantitativo d'oro. L'uomo si fida perché sa che alle spalle del giovane c'è un opadre facoltoso che può pagare. Nel pomeriggio dello stesso giorno Jacquaes torna per prelevare l'oro e approfittando di un momento di disattenzione del cambiavalute lo colpisce alla testa con il calcio della pistola del padre. Il cambiavalute reagisce urlando. Jacques fugge e si nasconde in un palazzo vicino fino a che è riconosciuto da un polizziotto accorso sul posto. All'ingiunzione di fermarsi Jacques spara e uccide l'agente di polizia. Intervengono poi altri agenti che lo catturano.

Perché questo delitto assurdo? Jacques voleva aprire una propria attività e chiede un grosso prestito al padre che glielo rifiuta. Sa che il figlio ha le mani bucate! Allora Jacques decide di compiere una rapina: di procurarsi i soldi con l'inganno.

Che cosa accade in carcere? Viene raggiunto dal cappellano ma egli lo rifiuta dicendo: "Io non ho la fede e non ho bisogno di lei!". Passano i giorni, chiuso tra quattro pareti, solo con la sua disperazione. Ma una notte: "Era una sera, nella mia cella... Nonostante tutte le catastrofi che da alcuni mesi si erano abbattute sulla mia testa, io restavo ateo. Ora quella sera, ero a letto con gli occhi aperti e soffrivo realmente per la prima volta nella mia vita per le conseguenze del mio delitto; ed è allora che un grido mi scaturì dal petto, un appello di soccorso: "Mio Dio, Mio Dio aiutami!". E instantaneamente, come un vento violento, che passa senza che si sappia dove viene, lo Spirito del Signore mi prese alla gola! Ho creduto e non capivo più come avessi fatto prima a non credere. La grazia mi ha visitato e una grande gioia s'è impossessata di me e soprattutto una grande pace". Quella notte Jacques udì una voce che gli diceva: "Tu ricevi le grazie della tua morte!". Una frase per lui incomprensibile, il cui senso capirà più tardi.

Inizia una nuova vita in Cristo. Il cambiamento di questo giovane è qualche cosa di straordinario: è una testimonianza di quanto Dio può operare. "Ora veramente ho la certezza di cominciare a vivere per la prima volta. Ho la pace e ho dato un senso alla mia vita, mentre prima non ero che un uomo morto!". Jacques organizza la vita in prigione come la vita in un monastero: si dà un orario per la preghiera, legge libri religiosi e la Bibbia, scrive lettere per dare conforto ai suoi famigliari, che stanno vivendo una grossa crisi, vuole soprattutto poter vivere per riparare il male fatto.

Arriva il giorno del processo: il 3 aprile 1957 si apre il processo che si conclude con la sua condanna a morte. In quel momento capisce la frase: "Tu ricevi le grazie della tua morte!". Jacques dopo un iniziale smarrimento vive la sentenza e la condanna come una vocazione ad amare fino in fondo la croce di Gesù. Egli desidera prepararsi spiritulamente alla sua morte e desidera salutare da vero cristiano tutti coloro che lo hanno amato e coloro a cui ha fatto del male. Scrive alla moglie e alla sua piccola figlia di 6 anni, si mette in contatto, tramite il suo avvocato anche con la famiglia del gendarme che lui ha ucciso per chiedere il perdono. Nonostante il grande cambiamento di vita che stupisce lo stesso presidente della Repubblica a cui era stata inoltrata la domanda di grazia, la sentenza viene confermata per il 30 settembre.

Le ultime ore: l'attesa dell'incontro con Gesù. "Ancora soltanto qualche ora di lotta, prima di conoscere Colui che è l'Amore. Oggi sarò in cielo. Cara mamma, innanzi tutto ti devo dire un grosso grazie per tutto l'amore di cui mi hai circondato in questi ultimi mesi... Tu sai che Gesù ha detto nel suo vangelo: Ero carcerato e siete venuti a visitarmi. Con queste righe io ti affido la mia bambina e mia moglie. Proteggile assiduamente. Amale in Dio e sii certa che di lassù io vi proteggerò e veglierò su di voi...". Alle 5,30 del mattino del 30 settembre le guardie carcerarie che sono veute a prenderlo per l'esecuzione capitale, lo trovano in ginocchio e in preghiera accanto al letto rifatto. Si confessa e riceve l'Eucarestia. Abbraccia il crocefisso e si avvia verso la ghigliottina... Le ultime sue parole: "Signore non abbandonarmi, io confido in te!".

confessioneconversionecambiare vitapeccatomisericordia di Dio

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 13/12/2005

ESPERIENZA

5. Senza figli non c'è futuro   1

Noi genitori e figli, supplemento di Avvenire del 25/1/2004

Ho quarant'anni, sono sposata e ho due figli grandi. Qualche anno fa ho passato l'inferno. Al quarto mese di gravidanza ho abortito. Subito ho provato un senso di liberazione, di sollievo. Se solo avessi immaginato il tormento che avrei patito non appena mi fossi resa veramente conto di quello che avevo fatto.

All'inizio si riesce a ragionare con un certo distacco, ci si aggrappa alle attenuanti: la professione che non si può lasciare, i soldi che non bastano, la casa piccola... Ho reagito dedicandomi con più accanimento agli altri due figli. Agli occhi degli altri ero sempre la stessa, ma dentro di me si stava scatenando l'inferno.

La prima fitta di dolore, così forte che non potei ignorarla, la provai per strada quando incrociai una donna che spingeva una carrozzina. Fui assalita dall'angoscia: vidi negli occhietti di quel bimbo lo sguardo di mio figlio non voluto. Uno sguardo che non mi abbandonò più.

Ancora oggi spesso calcolo con la mente l'età che avrebbe mio figlio; con la fantasia lo plasmo più o meno alto, con i capelli chiari o scuri... Gli parlo, ma soprattutto piangendo, spesso, gli chiedo perdono. Penso e ripenso, in modo ossessivo, con ansia e rimorso. Se solo potessi tornare indietro e stringere quel figlio tra le braccia! Invece, mi rimane solo un forte senso di colpa per averlo rinnegato.

Questa sofferenza ha segnato la mia vita. Tutto è cambiato da quel giorno: soprattutto il rapporto con mio marito non è più lo stesso. È come se volessi scaricare su di lui una parte della colpa. In quella circostanza si è comportato come Ponzio Pilato, se n'è lavato le mani. Persino il rapporto con gli altri due figli è cambiato. Subito dopo l'aborto ero loro morbosamente attaccata, ora molto meno, perché mi sembra di fare un torto al figlio non nato.

Continuo a pensarci, soprattutto quando sono sola in casa; le notti sono tormentate dagli incubi. Quando ci penso, riemergono la superficialità, l'egoismo e l'estrema violenza che ho riservato a mio figlio; sono stata la sua condanna a morte.

Se dovessi parlare a una donna con i miei stessi dubbi, la supplicherei di non abortire, di non fare il mio errore, di non credere di poter risolvere tutto senza dolore. La scongiurerei di non farlo, a costo di allevarlo io quel figlio. Le spiegherei in che oscuro tunnel precipiterebbe. Soprattutto non la lascerei sola, non le farei sentire l'indifferenza e la freddezza che ho provato io.

Le donne sappiano che il bisturi della legge 194 non incide solo le carni ma anche i cuori e le coscienze.

figliabortopeccatopentimento

inviato da Samiland80, inserito il 08/12/2004

ESPERIENZA

6. Educare cristianamente

Nel 1863 vennero a visitare Don Bosco due signori inglesi, uno dei queli era ministro della regina Vittoria. Entrando nella sala dove più di duecento giovani stavano studianto in perfetto silenzio, i due signori si meravigliarono e chiesero a Don Bosco il segreto di quel magnifico comportamento. Don Bosco rispose che il segreto era non nei castighi o nella disciplina, ma nella confessione e nella comunione frequente.
«Peccato, rispose il ministro inglese, che noi non abbiamo questi strumenti».
E Don Bosco aggiunse: «Se non si usano i sacramenti, allora bisogna usare la forza».
«E' vero, concluse il ministro, o religione o bastone; lo dirò a Londra».

fedeeducazionesacramenti

inviato da PLB, inserito il 06/11/2004

ESPERIENZA

7. Ogni cosa ha il suo tempo

Alexis Zorba

Ricordo una mattina in cui avevo scoperto una crisalide sulla corteccia di un albero proprio nel momento in cui la farfalla rompeva l'involucro e si preparava ad uscire. Attesi un bel po', però tardava troppo, e io avevo premura. Nervoso, mi piegai e cominciai a riscaldarla con il mio fiato. Io la riscaldavo impaziente, e il miracolo iniziò a realizzarsi davanti a me, ad un ritmo più rapido di quello naturale. L'involucro si aprì, la farfalla ne uscì trascinandosi, e non dimenticherò mai l'orrore che sperimentai allora: le sue ali non si erano ancora aperte e con il suo piccolo corpo tremante si sforzava di allargarle. Chino su di lei, l'aiutavo con il mio fiato... Invano. Era necessaria una paziente maturazione e lo spiegamento delle ali doveva avvenire lentamente al sole; ora era troppo tardi. Il mio soffio aveva obbligato la farfalla a mostrarsi, tutta una ruga, prima della sua ora. Si agitò disperata, e, alcuni secondi più tardi, mi morì sulla palma della mano. Io credo che questo piccolo cadavere è il maggior peso che ho sulla coscienza. Ebbene, oggi lo comprendo bene: forzare le grandi leggi è un peccato mortale. Non dobbiamo lasciarci vincere dalla premura, non dobbiamo spazientirci. Seguire con costanza il ritmo eterno.

tempomaturazionepazienzaeducare

inviato da Eleonora Polo, inserito il 28/06/2003

ESPERIENZA

8. Non cambiarsi mai d'abito...   1

Ad un campo A.C.R. c'era un bambino simpaticissimo, Andrea, di soli 6 anni. Un giorno aveva fatto la doccia e si stava rimettendo la stessa canottiera che aveva prima di lavarsi; è facile immaginarsi in che condizioni era dopo più giorni di sudate polvere e corse scatenate.

Allora gli ho detto di cambiarsela, e lui mi ha detto: "Ma, io la stessa canottiera posso tenerla anche per 20 settimane"!

Evidentemente si sbagliava, oppure non aveva ancora il giusto concetto del tempo che passa. Come si fa a tenere la stessa canottiera, anche lavandosi spesso, per 20 settimane?!?

Eppure tanti cristiani, magari che si confessano anche regolarmente e non proprio saltuariamente, continuano a portare sempre gli stessi abiti di peccato e non c'è verso che li abbandonino! Che incongruenza!

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inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 05/10/2002