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TESTO Gettare bombe o gettare le reti?

don Alberto Brignoli  

III Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (21/01/2024)

Vangelo: Mc 1,14-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

16Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Devo confessare che amo profondamente il libro di Giona. Mi piace perché è attuale, realista, e forse anche perché in questo “profeta all'acqua di rose” un po' mi ci ritrovo... testardo, incapace di cambiare mentalità, pronto spesso ad attendere il castigo di Dio su chi si comporta male, ma senza mai porsi la domanda su come lui si comporta con Dio. La domanda che conta, a Giona, la fa Dio stesso, al termine di questo libretto di quattro capitoli: una domanda che - unico caso nella Bibbia - non trova risposta nel libro stesso, perché è difficile rispondere in maniera immediata a un Dio che ti chiede “Mi permetti o no di essere misericordioso? Mi permetti o no, di perdonare tutti?”.

Quanta verità in questo interrogativo, anche rispetto al nostro modo di vivere il rapporto con Dio. Con lui, infatti, ce la prendiamo spesso non solo perché vediamo il male nel mondo e diamo a lui la colpa di non fare nulla per eliminarlo, ma anche perché quando, in suo nome, arriviamo a denunciare apertamente le malvagità del mondo, le ingiustizie sociali e i peggiori dei drammi che affliggono l'umanità, e ci mettiamo in attesa dei suoi meritati castighi, ci ritroviamo a fare i conti con un Dio a dir poco “incoerente”, che si impietosisce, si ravvede dalle sue intenzioni, ed evita di compiere giusti castighi, in nome della sua misericordia... e buonanotte al secchio!

Lo stesso che capitò a Giona, il quale tra l'altro sapeva già come era solito comportarsi Dio, per cui fa di tutto perché l'invito che Dio gli rivolge (“Alzati e va' a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico”) cada nel nulla. Il primo tentativo di Dio con Giona va a vuoto, perché il suo “profeta”, invece di andare a Ninive, si imbarca per una nave che va a Tarsis, in direzione completamente opposta. Poi, però, dopo la famigerata esperienza nel ventre del grosso pesce, Dio lo rimanda una seconda volta, e gli dice di annunciare ciò che egli stesso gli dirà: a quanto pare, però, Giona si prende la libertà di annunciare agli abitanti di Ninive quello che ha in testa lui, ovvero il castigo di Dio e la distruzione della città. Ma Dio sa bene che, se c'è qualcosa da distruggere, questa è proprio la testa di Giona, il suo modo di riflettere e di ragionare, che non ammette sconti di fronte a un castigo annunciato, che non permette, in definitiva, a Dio di fare ciò che egli sa fare meglio di ogni cosa, ovvero perdonare.

Anche noi vorremmo, come Giona, recarci in quella “grande città”, in quella “Ninive” che è il mondo, talmente globalizzato nel compiere il male da non capire più se esista un luogo sicuro rispetto a un altro, e annunciare che il male che vediamo è talmente grande da aver spinto Dio a voler distruggere tutto in maniera definitiva. Che soddisfazione sarebbe, vedere alcuni luoghi maledetti o alcune situazioni drammatiche della vita umana venire completamente distrutti e annientati da Dio, disceso direttamente sulla terra a fare giustizia! Che bello, vedere che Dio interviene e stermina in un colpo solo tutti i malvagi, tutti i delinquenti, tutti i signori della guerra, facendo così vivere a tutto il mondo un'era di fraternità e di pace!

E invece, la vicenda di Giona ci mostra che quella grande città che è il mondo non è poi così depravata come sembra, che il mondo non è poi così malvagio come appare. Anche a Ninive, Dio ha un popolo numeroso che lo ascolta e che di fronte al suo invito alla conversione mette in atto un cambiamento globale, “dagli uomini fino al bestiame”, dice il libro di Giona: e questo, per sottolineare che, quando Dio tocca il cuore degli uomini, anche dei più disgraziati, tutti quanti possono arrivare a comprendere che la sua misericordia è grande.

Tutti, tranne Giona. Il quale, anche dopo la conversione degli abitanti di Ninive, si mette a guardare la città dall'alto di una collina, in attesa che venga distrutta. Se però anche noi, come lui, annunciamo un castigo, annunciamo una distruzione, ovvero invochiamo un altro male come antidoto per sconfiggere il male, non faremo altro che aumentare la violenza. Rispondere al male con il male non fa' che generare altro male, e questo è sotto gli occhi di tutti, attraverso le notizie che ogni giorno ci arrivano dagli scenari di guerra: gettare bombe in risposte ad altre bombe provocherà il lancio di nuove bombe. Se invece riconosciamo che c'è del bene nel cuore di ogni uomo, anche del più delinquente, allora il bene è vincente, ed è talmente forte che riesce a fare “ravvedere Dio” - dice ancora il libro di Giona - al punto che Dio “non fece più il male che aveva minacciato di fare”.

Quindi, significa che Dio dà spazio al male e permette al male di fare tutto ciò che vuole? Nemmeno per sogno: Dio è il sommo Bene, e non può che volere il bene, e sa perfettamente che ci sarà sempre e comunque una fine dei tempi in cui i mietitori raccoglieranno il grano e la zizzania e li divideranno. Nel frattempo, però, il mondo non è affatto da buttare o da distruggere, anzi: il mondo ha molte cose buone, e vanno annunciate e rese evidenti perché sono più forti del male, a patto, però, che anche noi cambiamo il modo di guardare al mondo e alle cose brutte che contiene.

È un cambiamento radicale, perché occorre passare dalla logica di Giona alla logica del Vangelo, dalla logica della distruzione alla logica della costruzione, dalla logica del “gettare le bombe” alla logica del “gettare le reti”, dalla logica della minaccia e della scomunica alla logica del dialogo e della buona notizia. Non più un messaggio dal tono: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”, ma un messaggio che riempia di speranza: “Il tempo è compiuto, e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete nel Vangelo”, ovvero, credete che un mondo diverso è possibile, perché il regno di Dio è vicino, Dio ci è vicino, ci è prossimo, è qui accanto a noi. Ed è un Dio che anche in mezzo alla città malvagia ci parla di buone notizie, ed è più credibile di un Dio che uccide, castiga e conquista, come spesso l'umanità continua a fare, convinta che la soluzione sia la guerra a oltranza contro il nemico, fino ad annientarlo. Dio fa molto di più che annientare il male: Dio cerca il bene che esiste da sempre nell'umanità, e la convince ad avere fiducia in se stessa, perché il male è certamente più debole del bene.

Le reti del bene sono state gettate da Dio nel mare dell'umanità: ora sta a noi seguirlo ed essere, con lui, “pescatori di uomini”.

 

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