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TESTO Commento su Marco 1,7-11

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Battesimo del Signore (Anno B) (07/01/2024)

Vangelo: Mc 1,7-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Giovanni 7proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

9Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di Gigi Avanti

Per capire e gustare meglio il brano di oggi che narra del battesimo di Gesù è opportuno ricordare che tutto il narrare dell'evangelista Marco è apprezzato per la sua vivacità e originalità e che occorre saper scovare in alcuni particolari quanto possa veramente essere di nutrimento per la nostra anima.

Un primo particolare balza subito agli occhi ed è che Marco inizia a narrare di Gesù non dalla nascita, ma da quando Gesù è già grande, adulto.

Le scienze umane definiscono “adulto” colui che è consapevole della sua identità (nasco figlio e sarò tale per sempre), della sua appartenenza genetica (sono figlio di...) e di quale missione sia chiamato a compiere nella vita.

Questo particolare che presenta un Gesù adulto ci può incoraggiare ad alimentare una fede adulta, una fede scevra quindi da infantilismi, edulcorazioni, annacquamenti, sdolcinature, pressappochismi.

Ma una fede adulta non è un processo fatto di elaborazioni intellettuali o di sforzi etici personali, bensì è un processo continuo di umile accettazione del dono di poter diventare figli di Dio da semplici creature che siamo.

Una fede adulta comporta la consapevolezza di poter godere di questo dono vivendo la propria esistenza in un atteggiamento di perenne grazie.

Gesù ha consapevolezza della sua identità (Figlio), della sua appartenenza genetica (Figlio di Dio) e della sua missione (ha consapevolezza cioè di essere il Cristo appositamente consacrato dal Padre per un progetto preciso da compiere a favore di tutta l'umanità).

E questo progetto preciso (consistente nel trasformare tutte le creature in figli Di Dio) può essere realizzato proprio in quanto Gesù Cristo è Figlio Unigenito e prediletto.

E questo progetto è possibile da realizzare per tutti noi soltanto se ognuno di noi, immerso in Cristo, se ne assume tutte le responsabilità e le conseguenze.

Questo significa poter essere figli nel Figlio e questo è il senso unico e profondo del battesimo: essere battezzati per vivere da battezzati, cioè da immersi in Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

Il battesimo cioè immerge la nostra anima nel suo habitat naturale che è, paradossalmente parlando, quello “supernaturale”, dal momento che il suo habitat naturale era stato rovinato dall'inizio e sappiamo bene come.

Il battesimo, di conseguenza, ci porta a riconoscere che vivere secondo lo Spirito comporta di dover assumere consapevolmente, da adulti in Cristo, la responsabilità di compiere la missione di “essere vangelo” per poter poi consequenzialmente annunciare il vangelo.

E tutto questo ben consapevoli che non sarà una passeggiata, ma l'esatto contrario. Essere vangelo vivente nella quotidianità dei rapporti con le persone e con la vita comporta saper accettare e sopportare ostacoli, derisione, persecuzione, incomprensione, perfino morte.

Tutte cose possibili anche per ognuno di noi perché vissute in primis da Gesù il Cristo che, curiosamente, fu messo alla prova dalle “tentazioni” alle quali lo aveva accompagnato o indotto lo Spirito, proprio subito dopo il Battesimo.

Ma a ben osservare, la parola “tentazioni” che figura al plurale quando viene narrato il noto episodio del deserto, diventa al singolare quando Gesù ci insegna la preghiera del Padre Nostro (“Non abbandonarci alla tentazione”).

Questo potrebbe significare che c'è un filo rosso a legare ogni tentazione ed è proprio quello del voler fare di testa propria, di cercare il proprio successo, di badare al proprio tornaconto o buon nome, di mettersi in proprio utilizzando i talenti ricevuti e non di trafficarli per la causa del Regno.

In sintesi, la tentazione principe che fa da comune denominatore a tutte le altre è quella del non rinnegare se stessi e prendere la propria croce, ma è quello dell'esaltare se stessi per prendersi gli applausi, del fare la propria volontà (o il proprio capriccio) anziché la volontà del Padre.

Certo che dovette essere stato bello, commovente ed incoraggiante per Gesù, appena uscito dalle acque del fiume Giordano sentire il Padre e lo Spirito Santo essere dalla sua parte e avere la certezza che non lo avrebbero mai lasciato solo durante la sua specialissima missione.

Vivere da battezzati significa quindi nutrire quotidianamente tale consapevolezza nel profondo della nostra anima, la consapevolezza che Padre, Figlio e Spirito Santo sono sempre dalla nostra parte e hanno investito tutto il loro Amore per noi... e ringraziare. Così scriveva San Giovanni XXIII: “Dio sa che esisto e questo mi basta”.

 

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