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TESTO Mossi dallo Spirito, fedeli alla Legge del Signore.

don Alberto Brignoli  

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B) (31/12/2023)

Vangelo: Lc 2,22-40 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,22-40

22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

31preparata da te davanti a tutti i popoli:

32luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35– e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

36C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

39Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. 40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Parlare della famiglia dal pulpito oggi, per noi preti, è divenuta una cosa complicatissima.

Se difendi il modello tradizionale di famiglia basato sul matrimonio tra un uomo e una donna aperto alla procreazione o comunque all'accettazione di figli (cosa peraltro doverosa per la Chiesa, e questo tutti lo sanno e lo accettano senza particolari patemi d'animo), passi per essere un tradizionalista retrogrado, non a passo con i tempi, incapace di leggere le trasformazioni e le nuove situazioni a livello sociale e culturale, se non addirittura per un discriminatore, omofobo e anche un po' razzista.

Se insieme alla difesa del modello tradizionale (che a mio avviso nessun sacerdote o vescovo - anche il più progressista - ha mai avuto e mai avrà intenzione di sovvertire o accantonare) assumi una posizione accogliente e in certi casi anche misericordiosa nei confronti dei molteplici modelli familiari non convenzionali presenti nella società attuale, subito vieni tacciato di modernismo, di laicismo, di ateismo, di eresia e non so di quale altra nefandezza che, se fossimo stati in un'altra epoca storica, ti avrebbe condotto in pochi istanti al rogo in Campo de' Fiori a Roma con la condanna della Santa Inquisizione. Senza negare, tuttavia, che alcune scelte cosiddette “inclusive” di certi confratelli nel sacerdozio personalmente le ritengo problematiche non tanto dal punto di vista dottrinale, quanto da un punto di vista... da un altro punto di vista. E mi fermo qui.

Se, infine, scegli la via della serenità d'animo (o atarassia, come la chiamavano i filosofi epicurei), ossia di quella scelta “super partes” che non prende alcun tipo di posizione, se non quello dell'invito alla preghiera, che alla fine fa sempre del bene a tutti e non scontenta nessuno, allora non solo rischi di essere, ma diventi una sorta di “novello don Abbondio” di manzoniana memoria, che di fronte alle situazioni della vita “sceglie di non scegliere”, permettendo così che il vuoto da noi lasciato venga occupato dal potente di turno, il quale oggi non ha le fattezze di don Rodrigo o dell'Innominato, bensì del politico scaltro, del patron dei mezzi di comunicazione sociale e dell'imprenditore del lusso, che su queste nostre indecisioni e indifferenze ci sguazzano alla grande.

Che soluzione scegliere, allora, oggi, per parlare della famiglia dal pulpito, senza cadere in uno di questi tre errori? La scelta migliore, per un cristiano prima ancora che per un pastore, credo sia quella non di parlare ma di lasciar parlare; di non proferire o imporre la propria parola (che il più delle volte fa danni...), bensì di lasciare che a parlare e a imporsi sia la Parola.

E la Parola di oggi ci mette di fronte a uno dei brani più belli e suggestivi dei cosiddetti “Vangeli dell'infanzia” di Gesù, un brano quasi commovente, nella sua emotività, soprattutto per queste due figure di anziani che realizzano, in pochi istanti, il sogno atteso da una vita: contemplare con i loro occhi - e non solo per sentito dire - la salvezza di Dio. Una salvezza che, inevitabilmente, getta luce - attraverso le vicende della Santa Famiglia di Nazareth - anche sulle nostre vicende familiari, indipendentemente e “al di là” (sì, “al di là” nel senso proprio dell'andare “oltre”, del saper guardare oltre) di quei molteplici modelli familiari (tradizionali o no, convenzionali o meno) che l'umanità da sempre - e non solo da adesso, siamo onesti - propone e ripropone alla società nella quale si trova a vivere, in un determinato periodo e contesto storico e culturale.

Mi permetto di individuare anche solo due “raggi” di questa luce che la Parola di oggi riflette sulle nostre famiglie, aiutandole davvero a muoversi tra innovazione e tradizione, tra rispetto delle convenzioni e ricerca di un oltre.

Il primo raggio è sintetizzato da quell'espressione che ritorna almeno cinque volte nel brano di Vangelo di oggi: “Come è scritto nella legge del Signore”. Il riferimento fondamentale della vita della famiglia di Nazareth (forse non esattamente una famiglia “convenzionale”, secondo i canoni dell'epoca...) è la Legge del Signore, ovvero la tradizione, l'insegnamento ricevuto dai padri, il riferimento alla fede di Israele come fondamento della loro vita, personale e familiare. Pur rimanendo turbati e meravigliati dell'assoluta novità che la figura di Gesù, sin da bambino, portava nella storia della loro famiglia e del popolo eletto in generale, Giuseppe e Maria trovano nella Legge del Signore la pietra miliare del loro cammino di fede. E da qui non può che derivare un insegnamento veramente forte per ogni dimensione familiare vissuta oggi.

Si sente spesso dire, soprattutto di fronte a fatti di cronaca - per usare un eufemismo - “poco edificanti”, che tutto questo accade perché non c'è più fede in Dio. Senza la necessità di diventare apocalittici, io direi che questa affermazione, nella sua semplicità, contiene una verità ineludibile: abbiamo perso il riferimento ai valori dell'Assoluto. Abbiamo perso il riferimento a quell' “Oltre” che la religione (non necessariamente, anzi non solo quella cristiana) porta con sé. Abbiamo smarrito l'orizzonte della moralità e dell'etica che la fede in un Assoluto è capace di contenere e di cui la tradizione (nel senso di trasmissione dei valori) è il principale vettore. Un ricupero “alla radice” dei valori dello spirito e delle ricchezze della fede (ripeto, di ogni fede) darebbero una mano in maniera inequivocabile allo svolgimento di una sana vita familiare.

E il secondo raggio di luce ce lo porta la figura di un vecchio, Simeone, che di tutto potrebbe sembrare l'espressione meno che della novità e del cambiamento. Lui che era uomo del Tempio e quindi della tradizione, è in realtà uomo pieno di Spirito Santo (il fatto che Luca lo dica per tre volte ci dà l'idea della totalità dello Spirito in lui): ed è proprio perché “mosso dallo Spirito” che riesce a indicare Gesù come “luce per illuminare le genti” a chi si trovava quel giorno nel tempio.

Non c'è riferimento alla tradizione e alla legge del Signore dove non c'è apertura alla voce dello Spirito; non c'è crescita e rafforzamento nella difesa dei valori della fede dove non c'è un forte riferimento alla forza dello Spirito Santo capace di aprirci a nuovi orizzonti. Non c'è, per rimanere in ambito familiare, un'adeguata e fruttuosa difesa della famiglia tradizionale e convenzionale dove non c'è, contemporaneamente, l'apertura del proprio cuore alla voce dello Spirito, che forse in questo sconvolgimento cosmico di tutti i nostri modelli (anche quello familiare) vuole dirci qualcosa e vuole aprirci a nuove strade.

Ma per farlo, occorre una fede certa, un cuore grande, una mente aperta e anche una disponibilità, nello scorrere delle vicende della vita, a sapersi mettere da parte, come fece il vecchio Simeone.

 

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