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TESTO Cesare e Dio

Paolo De Martino  

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XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (22/10/2023)

Vangelo: Mt 22,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,15-21

In quel tempo, 15i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Matteo continua a raccontare l'ultima settimana di vita di Gesù trascorsa tra dispute con scribi e farisei. A Gerusalemme Gesù si scontra con quelli che saranno i suoi accusatori durante il processo. Sia chiaro: a nessuno interessa il suo parere, vogliono solo trovare il pretesto per puntare il dito contro di lui.
Domanda

Gesù è stato molto duro con i capi dei sacerdoti e gli anziani, ecco il motivo per cui «tennero consiglio». Matteo utilizza un termine tecnico (“symboùlion”) per indicare la convocazione del sinedrio, convocato dai sommi sacerdoti, di cui si parlerà più tardi nel corso del racconto della passione. Matteo lo anticipa qui, per ricordare ai lettori che la condanna di Gesù era stata architettata già da tempo.

I capi dei farisei non vanno direttamente da Gesù (ci andranno per la terza disputa). Mandano i loro discepoli con gli erodiani, anche se tra di loro erano nemici, ma Gesù va fermato e sono tutti d'accordo su questo.

L'inizio è un elogio esagerato: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno».

E poi ecco la domanda: «E' lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Il tributo di cui i farisei parlano era la tassa pro-capite imposta dai romani dopo l'occupazione della Palestina avvenuta nel 6 a.C. ed era richiesto a tutti gli abitanti della Giudea, Samaria e Idumea (uomini, donne, schiavi) dai dodici fino ai sessantacinque anni. Il tributo era di un denaro d'argento a testa, ossia la paga quotidiana di un bracciante.

Gesù deve manifestare il suo pensiero sui romani. Se Gesù dice di "sì”, sarà accusato d'infedeltà verso il Signore, l'unico che dev'essere servito. Se dice di "no", si mette contro i romani.
Cesare

Gesù evita brillantemente di scivolare nelle pieghe del tranello: chiede una moneta. La moneta portava l'immagine dell'imperatore Tiberio, e l'iscrizione che diceva “Tiberio Cesare, augusto figlio del divino Augusto, sommo sacerdote”. Dall'altro lato vi era sua madre Livia, raffigurata come dea della pace. Gesù mette la sua risposta su di un piano di appartenenza. Se la moneta riporta l'immagine di Cesare, è da restituire a Cesare. Interessante vedere come muti il verbo “pagare” (è lecito pagare le tasse?) in “restituire”.

Amico lettore, anche tu devi restituire allo stato che ti garantisce strade, giustizia, sicurezza, mercati. Hai ricevuto e ora restituisci. Gesù invita a pagare tutti le tasse per un servizio che tocca tutti. Siamo chiamati a restituire perché in debito: verso i genitori, amici, insegnanti, medici, verso i poeti e i santi, verso la storia di questo meraviglioso paese, verso l'intera società. Amico lettore tutti riceviamo infinitamente di più di ciò che abbiamo dato. Lo so cosa stai pensando: restituire a Cesare di cui non mi fido, che magari ruba? Sì, ma al modo di Gesù e se Cesare sbaglia, lo correggerai e se ruba sarai la voce della sua coscienza.

Restituire a Cesare ciò che è di Cesare significa contribuire a restituire al mondo, un mondo trasformato dal di dentro.
Dio

A Dio, rendete ciò che spetta a Dio: il senso delle cose, la bellezza dei legami. Il nascere, il morire, l'amore, la speranza, il desiderio.

Vi è anche una "moneta" che porta l'immagine di Dio: l'uomo. Ciò che porta l'immagine di Dio va reso a Dio, deve dedicarsi a Lui perché l'immagine richiama il costruttore e l'appartenenza. Se, nel progetto, l'Uomo (“Adam”) dev'essere a “immagine e somiglianza” («Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza»), ci rendiamo conto che dopo è solo a “immagine” («E Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò»). La “somiglianza” sarà l'uomo a doverla creare. Insomma, il lavoro non è terminato, non è ancora definitivamente compiuto: Dio ha fatto la sua parte, all'uomo spetta fare la propria. La Bibbia ci mostra il volto di un Dio che costruisce l'uomo a propria immagine, lasciandogli la fatica di compiere la somiglianza. L'uomo è creato a immagine di Dio, ma è lui che deve finire la creazione di se stesso, è lui che deve costruire la somiglianza con Dio!

L'autorità di Cesare è sulla circonferenza della moneta, perché lì è la sua immagine. Il primato di Dio è sul cuore dell'uomo, perché lui è la Sua immagine.

Il tesoro di Cesare sono le sue monete. Il tesoro del Dio Vivente è il nostro cuore.
Uomo

La risposta di Gesù non ha come intenzione la separazione dei poteri. Dio è amore, non è il potere oltre ogni potere, non è un super-Cesare.

Il cristiano non vive disincarnato, non si estranea dalla storia perché sa che l'unico luogo dove può realizzarsi è proprio questo mondo da abitare come sale nella pasta: «Voi siete sale della terra» (Mt 5, 13). Come non ricordare le parole contenute nella “Lettera a Diogneto”, un testo cristiano in greco antico di un autore anonimo, risalente probabilmente alla seconda metà del II secolo: «I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. [...] A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. [...]. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare» (Lettera a Diogneto V-VI).

Gesù si tiene lontano da una politicizzazione di Dio così come da una sacralizzazione del potere politico. Cesare non è Dio ma nello stesso tempo, Dio non può occupare il posto di Cesare attraverso l'istituzione religiosa. Cesare non può pretendere per sé l'adorazione ma ciò che si deve a Cesare, le tasse e i tributi, vanno assolutamente pagati. La moneta porta impressa l'effigie di Cesare, ma l'uomo porta impressa l'immagine di Dio.

Gesù non è stato e non ha voluto essere un Messia politico e se ha confessato di essere Re, ha subito aggiunto di esserlo non come i re di questo mondo.

Per quanto Cesare, possa essere oppressore e ingiusto, non si deve a lui la parte più essenziale di noi. A Cesare gli si possono dare i soldi ma non ciò che conta, la propria coscienza, la libertà. Ognuno di noi ha il suo Cesare: una malattia, una fragilità, un problema che può prendersi molto, ma non ciò che conta, perché ciò che conta è di Dio.

Gesù vuole disinnescare una sintesi pericolosa: Cesare non è Dio. A Cesare vadano le cose, a Dio le persone. Cesare non ha diritto di vita e di morte sulle persone, non ha il diritto di violare la loro coscienza, non può impadronirsi della loro libertà. A Cesare non spetta il cuore, la mente, l'anima. Queste spettano a Dio solo. A ogni potere umano è detto: non appropriarti dell'uomo. L'uomo è cosa di un Altro, è cosa di Dio.

La bella notizia di questa domenica? Noi siamo di Dio, pienamente liberi di essere noi stessi.

Dio si fida delle nostre libertà e delle nostre capacità di prenderci cura del bene comune.

 

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