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TESTO Lo Spirito è amore affidabile

don Antonino Sgrò

VI Domenica di Pasqua (Anno C) (22/05/2022)

Vangelo: Gv 14,23-29 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,23-29

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

Ancora una volta, il Maestro insegna l'amore. Tante sono le sfumature dell'amore; in questi versetti Gesù tratteggia quella dell'obbedienza alla sua parola. Chi pensa ingenuamente che l'amore sia soltanto spontaneità ed emozione, non può cogliere il senso di tale solenne dichiarazione, che non invita il discepolo ad una obbedienza fredda e forzata, ma anzitutto a gustare interiormente la bellezza delle sue parole. Per chi ascolta e medita, i sentimenti non sono banditi, ma vengono generati ad un livello più profondo, nel quale l'istinto lascia il posto alla riflessione, e la voce di Dio risuona in maniera più vibrante e affettuosa. È lì che matura l'adesione d'amore, che a sua volta suscita l'adesione della vita, ossia dei pensieri e delle scelte; l'obbedienza diventa così la libera risposta ad un amore che precede e avvolge. Ciò determina la permanenza del Padre e del Figlio nel cuore di chi ascolta, l'avventura meravigliosa di sapersi abitati dall'amore vero ed eterno, la percezione di sé come un frammento che contiene il tutto. Sta proprio qui la ragione della nostra dignità, che oggi va svelata come identità preziosa ai tanti che la disconoscono, poiché Gesù, parlando anche di «chi non mi ama», fa intendere purtroppo la possibilità di una rinuncia a questa relazione con Dio.

Il richiamo al Padre come origine della parola donata all'uomo non è l'ammissione di una gerarchia all'interno della Trinità, ma di una priorità nel movimento dell'amore, che implica l'amante e l'amato. Il Signore, poi, sa bene che nemica della vita in Dio è la mancanza di memoria. Noi dimentichiamo il bene ricevuto e per questo ci sentiamo in diritto di prenderci delle cose che non ci spettano. Il peccato è questa sorta di rivincita contro gli altri e addirittura contro Dio, come se fosse colpevole di non darci quello che desidereremmo o di toglierci ciò che prima ci allietava. Il compito dello Spirito sarà pertanto quello di insegnare e ricordare. Paraclito significa ‘chiamato vicino', e nel diritto antico designava l'avvocato che parlava all'orecchio dell'imputato suggerendo le cose da dire a propria discolpa. Lo Spirito consiglia cosa dire e fare per liberarci da ogni recriminazione, come pure dal senso di colpa, frutto del peccato, nel quale il Maligno vuole farci precipitare. Lo Spirito è dono purissimo del Padre e del Figlio, e questo rende la sua missione affidabile e fruttuosa, non vana.

Sempre per mezzo dello Spirito, Gesù ci dona la sua pace. Subito Egli precisa che non è la pace del mondo, anzi ci domandiamo se possa esserci una ‘pace del mondo'. Dalle manovre umane ci si può aspettare al massimo dei compromessi che producano un certo equilibrio, in cui solitamente sono i deboli a pagare il prezzo più alto. La pace di Dio, invece, parte dall'alto e si radica dentro, attraversa tutte le situazioni storiche e condizioni dell'animo, permea di sé ogni cosa. Certo, più che un possesso, sembra un obiettivo da raggiungere, ma la consapevolezza che essa viene da Dio, non dall'uomo, dà la certezza del suo compimento nella storia personale e universale. Se non ci lasciamo agitare dalle preoccupazioni, la pace si sedimenterà più in profondità. La pace che scende nel cuore quando Lui abita in noi, ci lascia sereni anche quando tutto intorno crolla, ci dona la certezza di un ‘lieto fine' e ci spinge a vivere questa vita anche quando a volte diventa insopportabile. Gesù parla infatti ad una comunità che dovrà attraversare molte tribolazioni, ma se si affida a Lui supererà il timore e custodirà il dono della pace. Anche l'assenza di Cristo, il suo ritorno al Padre, vanno letti in quest'ottica di fede, che costituisce l'ultima e definitiva consegna del Maestro, il punto di arrivo di tutto il suo discorso. Senza la fede, l'amore e l'azione dello Spirito, la pace e l'assenza di timore non troverebbero l'humus su cui germogliare.

«Se uno mi ama...voi crediate». Si parte dunque dall'amore e si giunge alla fede, lo si poggia sulla roccia della fede, perché l'amore deve essere affidabile, altrimenti è amore a senso unico, o è amore incosciente, e per questo nocivo. A chi affidiamo la vita? Chi l'affida all'amore ‘roccioso' di Cristo riceverà in dono l'effusione dello Spirito, riceverà cioè più amore, amore puro e sovrabbondante...come quello che sa dare il piccolo Samuel, poco più di un anno, ricoverato in ospedale, il quale, senza quasi conoscerti, ti si getta al collo per farsi prendere in braccio. E tu, pieno di stupore, capisci che l'Amore ti precede e ti rende protagonista e artefice di altro amore.

 

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