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TESTO La vita in cammino verso la morte

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Messa Rituale - Esequie

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(Iniziamo questa sera la novena dei defunti, che ci porterà a celebrare con tutta la Chiesa, il 2 novembre, la commemorazione di tutti i fedeli defunti.

Durante queste sere di preparazione rifletteremo sulla morte vista in vari suoi aspetti.)

Quando si parla di morte con qualcuno, solitamente le persone che ascoltano fanno strani gesti per scacciare la sfortuna: un gesto dei più comuni è quello di toccare ferro. Poi, a seconda dei contesti sociali e delle età, i gesti sono i più vari. Insomma, di fronte alla morte, il primo pensiero è: speriamo che venga il più presto possibile!

Ma qui non stiamo parlando soltanto di chi non crede in Dio o di chi vive come se Dio non esistesse; neppure di quelli che credono in Dio ma sono lontani dalla Chiesa; neppure di quelli che credono in Dio e sono vicini alla Chiesa e vivono la fede nella vita di tutti i giorni; tali reazioni spesso le mostriamo anche noi, meglio, le mostro anch'io. Magari per scherzo, magari per far ridere, ma sotto sotto forse c'è una certa mentalità.

Eppure la morte, potremmo dire esagerando un pochettino, è l'unica cosa che sappiamo con certezza ci succederà. La vita tende naturalmente verso la morte, inesorabilmente, in modo inarrestabile.

Fin dal primo istante del concepimento, fin dal momento della nascita, quell'essere umano che nasce inizia un cammino che lo porterà alla morte, intanto dal punto di vista biologico, ma che dovrebbe essere seguito anche da un cammino dal punto di vista della crescita e della maturità interiore.

Ecco che allora iniziamo a vedere il discorso nella sua giusta angolazione: questo cammino dell'uomo verso la fine della vita, non va visto come un cammino di discesa, di peggioramento di condizione, di tensione verso il peggio, ma verso il meglio.

La vita non tende verso e non finisce con la morte, ma dovrebbe essere tutta un cammino di crescita che porta verso l'evento più importante della vita stessa, che è la morte, che apre le porte alla Vita vera. Noi solitamente viviamo il pensiero della morte come afflizione, come frustrazione, pensando di dover attraverso di essa rinunciare a tutti i nostri progetti; dovremmo trasformare questi sentimenti in gioia per l'incontro con Dio cui ci avviciniamo.

Dovremmo vivere la nostra vita come la gravidanza dell'uomo nuovo che diventeremo pienamente quando ritorneremo a Dio. Dentro di noi è gravido l'uomo nuovo che ha da nascere con la morte; siamo noi stessi questo uomo nuovo.

Nei Vangeli, specie nel Vangelo di Luca, Gesù è in cammino e tende con tutte le sue forze verso Gerusalemme, il luogo in cui si compirà pienamente la volontà del Padre, il luogo in cui potrà finalmente dare tutto se stesso e morire sacrificandosi per la salvezza dell'uomo.

Allo stesso modo la nostra vita deve tendere verso la Gerusalemme del cielo verso la quale siamo chiamati da Dio per vivere in pienezza con Lui.

Pensiamo che disastro se un bambino, dopo essere stato per nove mesi nel grembo della madre, si rifiutasse di uscirne! Era stato nel pancione per tutto quel tempo, non per rimanerci per sempre, ma per poter essere pronto, allo scadere dei nove mesi, a vivere finalmente in modo autonomo.

Tante volte noi siamo come dei bambini che non vorrebbero mai staccarsi dal grembo della madre: la vera vita, la vita nostra in pienezza, sarà veramente tale quando lasceremo questo mondo per entrare nel mondo di Dio.

Cerchiamo allora (in questi giorni in preparazione alla celebrazione della memoria dei morti) di indagare su quali sono i nostri atteggiamenti e i nostri pensieri riguardo alla morte, per prepararci fin d'ora a vivere l'attesa del passaggio alla festa della vita vera con altre disposizioni interiori, di gioia e di attesa vigile.

autore: don Giovanni Benvenuto

 

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