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TESTO Commento su 2Re 4,8-11.14-16a; Sal 88; Rm 6,3-4.8-11; Mt 10,37-42

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/06/2020)

Vangelo: 2Re 4,8-11.14-16a; Sal 88; Rm 6,3-4.8-11; Mt 10,37-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,37-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

La liturgia di questa domenica ci propone una serie di inviti alla fede, speranza e carità vissuti nel nome del Signore e testimoniati con una coerente condotta di vita.

Nella prima lettura troviamo un simpatico fatto che vede il profeta Eliseo, riconosciuto come uomo di Dio dalla donna benestante di Sunem, che lo accoglie e si preoccupa di costruirgli un riparo comodo e ospitale. Siamo di fronte ad un caso di accoglienza e generosità totale, che il profeta ricambia con una promessa “in questa stessa stagione, tu stringerai un figlio fra le tue braccia”, a lei che non aveva potuto averne e suo marito era vecchio.

Il salmo 88 è un inno di riconoscenza al Signore per il suo amore e la sua fedeltà.

Nella seconda lettura, san Paolo ci ricorda il dono grande che abbiamo ricevuto nel battesimo: “siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”.

Il brano di vangelo di Matteo si apre con un avvertimento di Gesù: chi è più legato agli affetti famigliari e non prende la propria croce non è degno di Lui. Ma cosa vuol dire prendere la croce? Forse semplicemente fare la scelta di schierarsi dalla parte dei più poveri e più deboli e cercare di mettere in pratica gli insegnamenti che ci ha lasciato Gesù e che hanno portato Lui stesso alla morte in croce. Nei testi della Sacra Scrittura troviamo numerosi passi che invitano a lasciare la famiglia d'origine, a iniziare dalla Genesi con l'invito a lasciare padre e madre per unirsi alla sposa, anche ad Abramo viene chiesto di abbandonare tutto per realizzare il disegno che Dio aveva progettato per lui. Purtroppo sappiamo che sovente le famiglie di origine, anche le migliori, possono essere sovente fonte di problemi per le coppie di giovani sposi. Nel vangelo troviamo anche degli atteggiamenti “duri” di Gesù nei confronti dei suoi genitori, ad iniziare dal ritrovamento nel tempio, poi la risposta che Gesù dà a Maria alle nozze di Cana, per arrivare al passo di Matteo "Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?» (Mt 12,47-48)”. Tutto questo per evidenziare che Gesù è perfettamente cosciente che i legami famigliari possono essere deboli e quello che lui chiede invece ai suoi discepoli è un rapporto che vada oltre, che presuppone una fede in lui più che solida e pronta a una risposta efficace e fedele al compito ricevuto.

Gesù vuol far capire che anche gli affetti più belli, se diventano l'unica ragione di vita, finiscono per diventare soffocanti. La parola di Gesù ci rivela allora la legge profonda della nostra convivenza, contro le spinte individualistiche della cultura che respiriamo, che punta tutto sui diritti dell'individuo, sui propri diritti, invece che sui diritti di tutti. La croce implica il superamento di quelle predilezioni troppo esclusive, che diventano priorità assolute (e dunque idoli): la famiglia, le amicizie, il gruppo sociale. Accettare la croce significa andare oltre queste preferenze esclusive, per dare la precedenza al progetto evangelico, a un progetto più universale, più vicino all'amore predicato dal Signore, che è attenzione alla crescita di tutti.

Chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà!”: questo è un invito a vivere la nostra vita non per noi stessi, ma sapersi mettere in gioco per una causa più grande, cioè cercare di realizzare quelle beatitudini che Gesù ci ha indicato nel discorso della montagna (Mt 5). Il dare la vita o anche solo una piccola cosa come un bicchiere d'acqua fresca sono i due estremi di uno stesso movimento, nulla è troppo piccolo per il Signore, ogni gesto compiuto con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio.

In conclusione quanto abbiamo udito oggi dalle letture che la liturgia ci ha proposto ci porta a riflettere seriamente sui nostri atteggiamenti e sul nostro rapporto con la parola “amore” che nella logica di Dio si traduce in “dono”. Forse in questi momenti di quarantena, legati alla diffusione del virus, privati dei momenti forti comunitari, come la messa festiva e il poter ricevere l'eucaristia, ci ha un po' interrogati su questi temi, sulle cose che abbiamo sempre vissuto più per tradizione, per abitudine, che per convinzione. Abbiamo visto la generosità della donna di Sunem nei confronti del profeta, il dono grande che il Padre ha voluto farci di suo figlio che ci ha donato la vita nello spirito con il battesimo, ma siamo veramente pronti a dare una risposta concreta e quotidiana a quelle domande che Gesù ci pone nel vangelo? Saremo ora pronti a dare un bicchiere d'acqua fresca a qualsiasi persona che ce lo chiederà, sia esso un amico, un nemico, uno che ha la pelle diversa dalla nostra e parla un'altra lingua, oppure continueremo a pensare al “prima noi”?

Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- “O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa' che non ricadiamo nelle tenebre dell'errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità” .Nella colletta si parla di luce e tenebre: viviamo per perseguire dei valori personali oppure cerchiamo di realizzare quelli che ci aiutano a vivere in conformità al Vangelo? Quali sono questi valori?

- Che cosa ci motiva nell'accoglienza e nella testimonianza verso gli altri? Cosa ci guadagniamo? Se e quale ricompensa ci aspettiamo?

Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino

 

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