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TESTO Commento su Matteo 10,37-42

fr. Massimo Rossi  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/06/2020)

Vangelo: Mt 10,37-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,37-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Si parla ancora di croce, questa volta la nostra, da prendere, da portare, per quanto non si sa...

Nessuno se la va a cercare... Del resto, non abbiamo bisogno di andare a cercarcela: ciascuno ne ha almeno una, se non due o tre. E poi c'è quella comune...ormai superfluo ricordarla...

La pagina tratta dal secondo Libro dei Re ci parla di una coppia di coniugi che porta nel cuore l'amarezza di non aver potuto avere figli; tuttavia né lei, né lui assecondano il dolore; al contrario, il loro cuore è capace di guardare fuori di sé, oltre il proprio dolore, e si accorge che anche il prossimo soffre, anche il prossimo fa fatica a vivere... Si mettono a disposizione del profeta con una premura e una spontaneità che francamente stupiscono! Infatti Eliseo rimane edificato, e risponde a nome di Dio, promettendo il dono di un figlio. E Dio mantiene le promesse.

Non è così frequente incontrare persone che vivono situazioni difficili, ma sono ancora capaci di guardare più lontano e non commettono l'errore di identificare la (loro) vita con la croce.

Io ho una croce, due croci,.. Ma non posso dire che la mia vita sia una croce!

Certamente alcune croci sono più pesanti e altre meno... Ma ci sono anche persone gravemente malate, o in situazione familiare pesantissima; eppure riescono a trovare tempo e modo per avere anche solo un pensiero affettuoso nei confronti del prossimo.

L'esperienza della croce può schiantare a tal punto, richiudendo in una prigione di scoraggiamento e di rabbia... Il mondo deve accorgersene! gli altri devono fare qualcosa!... quasi che la sofferenza desse il diritto di pretendere le attenzioni altrui. Chissà, a qualcuno sarà capitato di incontrare, o di sentir parlare di uomini, di donne che fanno dei loro disagi, lievi o gravi che siano, una sorta di privilegio perverso, per incrociare le braccia e starci dentro (al loro disagio) e recitar geremiadi dal mattino alla sera...

Il Vangelo di Giovanni racconta di un uomo paralizzato su un lettino, che Gesù incontra presso la piscina di Betzaetà: malato da trentotto anni, il poveretto racconta al Signore che nessuno lo aiuta ad immergersi nella piscina miracolosa; il Maestro di Nazareth lo coglie in contropiede e gli chiede: “Vuoi guarire davvero?”: domanda curiosa, non vi sembra? Quale malato non vorrebbe guarire?

Forse non tutti considerano la loro croce in prospettiva della guarigione, più in generale, (in prospettiva) di uscire dal tunnel, a rivedere la luce. Ci sono poi quelli - spero non così numerosi - che approfittano delle loro infermità a scopo di lucro...a spese dello Stato.

La tentazione di strumentalizzare i mali propri o altrui, per trarne un profitto, rappresenta uno dei motivi di scandalo peggiori che la società conosca.

Ma torniamo alle Letture di questa XIII domenica: il Vangelo ci ricorda che nessuna croce può bloccare il cammino della vita! si prende la croce e si segue colui che apre la strada!

La croce non è solo un palo piantato a terra sul quale si aspetta immobili la fine.

Sulla croce si sale... per lasciarci portare! E sulla croce si cammina! Ecco un aspetto che a molti sfugge: siamo un po' tutti convinti che la croce sia un punto di arrivo, per alcuni, il punto di arrivo. Sulla croce tutto finisce, tutto si ferma, la croce irrigidisce, la croce blocca,...

Mi sa che dovremmo convertirci pure sul significato della croce!

Il racconto della passione di Gesù presenta i sommi sacerdoti e i capi del popolo, ai piedi della croce, mentre lo sfidano a scendere, per dimostrare a tutti che è realmente il Figlio di Dio: ma Gesù non scende, proprio per mostrare che è il figlio di Dio.

E questa “prova” della Sua identità (fornita dalla croce) è tale, che il centurione romano dichiara senza alcuna incertezza: “Davvero, costui era Figlio di Dio!” (cfr. Mt 27,54).

In uno sguardo di fede - non possiamo prescindere dalla fede, in questa sede - come possiamo reagire alla notizia che la nostra croce, molto probabilmente non passerà, non si risolverà? Che ne sarà della nostra vita, da ora in poi? Si aspetta la morte senza reagire, senza più pensare, senza più amare, senza più progettare,...? Mi riferisco a una situazione grave, sì, ma non così grave da privarci della coscienza.

Ritorna la domanda cruciale che ci si poneva nelle prime settimane di pandemia: nel frattempo, ipotizzando che non ne usciremo in poco tempo, o non ne usciremo affatto, che si fa?
Si segue il Signore!

È sbagliato pensare che la vicenda di Gesù finisca sul Calvario! E sarebbe stata inutile, la Sua passione, se fossero stati “solo affari suoi”.

Lo ripeto per l'ultima volta: con una croce si va avanti. Dall'alto di una croce la vita continua!

Se saremo in grado di pensare in questi termini, non ci fermeremo. E magari incontreremo qualcuno che ci può dare una mano.

E impareremo anche a chiedere aiuto, non come chi accampa pretese, ma come chi accoglie un dono. E rende grazie!

 

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