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TESTO Ai confini dell'infinito

don Fulvio Bertellini

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (10/07/2005)

Vangelo: Mt 13,1-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».

10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». 11Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice:

Udrete, sì, ma non comprenderete,

guarderete, sì, ma non vedrete.

15Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,

sono diventati duri di orecchi

e hanno chiuso gli occhi,

perché non vedano con gli occhi,

non ascoltino con gli orecchi

e non comprendano con il cuore

e non si convertano e io li guarisca!

16Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!

18Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, 21ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Forma breve (Mt 13,1-9):

1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».

Sulla riva del mare

Quello che il Vangelo chiama pomposamente "mare" è in realtà il lago di Tiberiade. Tuttavia adempie la funzione simbolica del mare: rappresentare l'infinito, ciò che oltrepassa la comprensione dell'uomo. Gli ebrei avevano paura del mare: le acque profonde richiamano l'abisso primordiale, sede dei mostri, luogo caotico, da cui le forze negative possono riemergere. Ancora nell'Apocalisse di Giovanni il mare è simbolo del male, e scompare definitivamente nella nuova creazione: nessun abisso inconoscibile può restare nella città santa, la nuova Gerusalemme, dove finalmente i santi vedranno la sua faccia
e porteranno il suo nome sulla fronte.
Non vi sarà più notte
e non avranno più bisogno di luce di lampada,
né di luce di sole,

perché il Signore Dio li illuminerà (Apocalisse 22,4-5). Non è fuori luogo la citazione della Rivelazione di Giovanni, e presto vedremo il perché. Torniamo al mare, per constatare che nei Vangeli non è sempre è un simbolo negativo. Si avverte il ricordo fresco della prima predicazione di Gesù, proprio sulle sponde del lago. Forse mi è lecito immaginare, insieme ai tanti vacanzieri che cercano ristoro su qualche spiaggia (ammesso che lo trovino), che a Gesù piacesse il ritmico sciabordare delle onde, la fresca brezza del lago, e la vista della distesa azzurra che si perde sull'infinito. L'acqua fonte di vita. L'acqua inesauribile, insondabile. Misteriosa, certo, ma come il mistero di Dio, che nessuno di noi può sondare fino in fondo.

La barca di Gesù

Gesù dunque siede sulla barca, al confine tra la terraferma e il mare. Dove i nostri piedi e le nostre forze cessano di trovare un appoggio solido, e si apre un dominio inesplorato e inconoscibile. Non è solo l'esigenza pratica di non essere schiacciato dalla folla, o di far sentire meglio la propria voce, sfruttando il vento che dal mare va alla spiaggia, e fa da amplificatore naturale. Gesù sta anche al limite delle nostre conoscenze, dei nostri pensieri, e l'infinito mare della conoscenza di Dio e del suo Regno. I suoi pensieri non sono i nostri pensieri, e le sue vie non sono le nostre vie. Ma chi ci può svelare il pensiero di Dio? Le parole di Gesù aprono una finestra sull'infinito, sulla grandezza di Dio. Esprimono i suoi progetti in termini semplici, accessibili a tutti. E se accogliamo quella parola, la nostra vita è trasformata. Anche il nostro sguardo viene purificato, fino a vedere ciò che gli altri non vedono.

In ascolto del Maestro

Gesù ci parla del Regno di Dio. Cioè di quella realtà che non sappiamo scorgere nella nostra vita, di cui tante volte dubitiamo, noi e chi ci sta intorno. "Non credo in Dio. Credo solo a ciò che tocco e ciò che vedo". Fa male sentire queste parole, soprattutto a chi affronta la fatica di credere. Anche il nostro cuore rischia di smarrirsi. Gesù ci dice: "Ecco, il seminatore uscì a seminare...". La scena si svolge sotto i nostri occhi. La VEDIAMO. E mentre guardiamo, ci accorgiamo che non basta vedere, occorre ascoltare: "Chi ha orecchi per intendere, intenda". Occorre comprendere. La sua parola ci fa intendere che non esiste solo ciò che si tocca e si vede. La sua parola, che si ascolta e non si vede.

Le cose parlano

Le cose, dunque, ci parlano di Dio. Alludono alla pienezza della realtà. Il seminatore mostra la pazienza del Padre, che semina la sua parola nella storia. E attende che germogli. La forza del seme che ostinatamente germoglia, mostra la forza della Parola, mai completamente soffocata dalle spine, dall'arsura, dalla furia delle persecuzioni. "Ecco - ci dice Gesù - guarda il seminatore, guarda il granello di senape, guarda il grano che cresce accanto alla zizzania, guarda i pescatori che tirano a terra la rete e scelgono i pesci buoni e gettano via quelli cattivi... ": basterebbe guardare per cogliere attorno a noi i segni del Regno. Anche nel nostro mondo tecnologico, anche con il nostro sguardo intorbidato dalla TV. Quando si fa benzina e si vede il prezzo salire. E si incomincia a limitare i giri inutili. Ma qual è la benzina della nostra vita? E perché la sprechiamo in tanti rivoli inconsistenti? Forse perché il nostro sguardo è torbido, e non distingue più il vero amore e la vera gioia.

Perché in parabole

E qui ci viene da questionare con il Padreterno. Perché nascondersi sempre dietro le cose? Perché non si rivela più direttamente? E anche Gesù risorto, perché nascondersi adesso dietro la sua Chiesa, la sua Parola, dietro testimoni imperfetti e peccatori, perché lasciare tanto spazio ai dubbi...? E' la stessa domanda dei discepoli: "Perché parli loro in parabole?". La risposta di Gesù ci sconcerta: "a loro non è dato conoscere i misteri del Regno dei cieli". Non perché sono difficili, ma perché sono troppo semplici per il cuore orgoglioso. E' la durezza del cuore che impedisce di vedere. Anche quando la misericordia di Dio ci lancia continuamente dei segnali. Ma invece di lamentarci per chi non vede, Gesù ci invita a comprendere il dono che ci è stato dato: "Beati i vostri occhi perché vedono, e i vostri orecchi perché sentono". E' sempre una tentazione dell'orgoglio umano la pretesa che tutti sentano ciò che sentono i credenti, la pretesa che il Regno di Dio si imponga con un'altra forza che non sia la forza dell'amore. Cominciamo noi, gli amici di Gesù, a vedere, a comprendere, senza aspettare il consenso delle masse. Allora la nostra fede sarà piena, e la nostra testimonianza sarà genuina. E allora anche altri potranno vedere con noi...

Flash sulla I lettura

"Come la pioggia e la neve...": come Gesù nel Vangelo, anche il profeta è affascinato dal fenomeno della crescita vegetale, da cui dipende la vita degli esseri umani. Egli però non si sofferma sull'atto della semina, sull'energia misteriosa del seme, ma considera il ruolo della pioggia e della neve che scendono dall'alto e richiamano più direttamente al Dio creatore e signore della storia.

"così sarà della parola uscita dalla mia bocca...": il potere prodigioso della pioggia è riferito alla realtà della parola profetica, in un'epoca di grandi contrasti e di grandi speranze. L'oracolo infatti è databile all'epoca dell'esilio, in cui Israele constata che le grandi profezie di sciagura si sono alfine compiute. Comincia così una grandiosa riflessione sulla Parola di Dio, che non è solo distruttrice, ma anche ri-creatrice e portatrice di speranza. Anche la parola di salvezza dovrà compiersi: è la convinzione che il brano vuole infondere agli esiliati che hanno perso la speranza, e anche a noi oggi, che rischiamo di rimanere senza fiducia nei confronti della Parola di Dio.

Flash sulla II lettura

Anche Paolo fa ricorso ad una piccola parabola: quella delle doglie del parto. Anche Paolo, come Gesù, si trova ai confini di ciò che si può esprimere con il linguaggio, dovendo parlare della "gioia futura che dovrà essere rivelata in noi" e di fronte a cui le "sofferenze del momento presente non sono paragonabili". Solo che noi concretamente vediamo solo le sofferenze presenti, e vediamo intorno a noi molte gioie a buon mercato, facilmente accessibili, di fronte alle quali la gioia futura sembra oscurarsi.

Paolo invita a non lasciarsi ingannare, e usa una seconda immagine: quella delle "primizie dello Spirito", i primi frutti che preannunciano un raccolto abbondante. Esse sono riservate ai credenti, mentre "tutta la creazione" attende di essere liberata dalla schiavitù, per entrare nella gloria dei figli di Dio. Emerge così nella grandiosa visione dell'apostolo il ruolo riservato alla comunità cristiana, di tener viva la speranza e la fiducia nel progetto di Dio.

 

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