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TESTO Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell'alto dei cieli

don Walter Magni  

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II domenica dopo Pentecoste (Anno B) (03/06/2018)

Vangelo: Lc 12,22-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,22-31

22Poi disse ai suoi discepoli: «Per questo io vi dico: non preoccupatevi per la vita, di quello che mangerete; né per il corpo, di quello che indosserete. 23La vita infatti vale più del cibo e il corpo più del vestito. 24Guardate i corvi: non séminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. Quanto più degli uccelli valete voi! 25Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 26Se non potete fare neppure così poco, perché vi preoccupate per il resto? 27Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano. Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 28Se dunque Dio veste così bene l’erba nel campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, quanto più farà per voi, gente di poca fede. 29E voi, non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia: 30di tutte queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. 31Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta.

Mentre il Libro del Siracide ci esorta a imparare la sapienza di Dio: “nel tuo cuore tieni conto delle mie parole”, Paolo, nell'Epistola ai Romani ci fa intuire qual è lo stile del vero testimone: “Io non mi vergogno del Vangelo”. Restando così nel solco di queste parole, il Vangelo di questa domenica ci regala almeno tre indicazioni, tre verbi imperativi.

Occuparsi senza preoccuparsi
Anzitutto non ti devi preoccupare: “Non preoccupatevi per la vita, di quello che mangerete; né per il corpo, di quello che indosserete”. E Gesù poi prosegue nella lista delle preoccupazioni inutili. E mentre ci invita a non preoccuparci per la vita, mette sullo stesso piano sia la nostra ansia per cose tanto necessarie come il cibo sia la preoccupazione per cose che, nei momenti più lucidi, non fatichiamo a ritenere secondarie, come il vestito. Perché di questo è fatta la vita. Ma una distinzione verbale allora ci è concessa. Altro è, infatti, occuparsi nella vita di ciò che è necessario, dominando comunque le cose, governandole; e altro è invece preoccuparsi delle cose, lasciando che siano esse a dominarci, occupandoci interamente la vita! Così la mente non è mai libera. E di qualcuno si potrebbe dire che ha sempre la testa altrove. Si è così tanto occupati dalle cose che si perde per strada la memoria del volto della gente, il timbro della loro voce, le movenze dei loro corpi. Abitati a tal punto dal potere delle cose che l'altro, che pure ti abita accanto, tende a svanire nella nebbia e nell'anonimato. Intanto non sappiamo più distinguere tra il superfluo e il necessario. Per un verso, l'ansia che le cose accelerano in noi a dismisura diventa segno di grande stoltezza, che nulla aggiungerà mai alla vita. Per un altro - perso il faro, la bussola, la misura che proprio l'altro poteva rappresentare - ricadiamo in un malessere interiore indistinto che non si sa più come affrontare. Sarà depressione o ipertensione? Gli equilibri interni sballano e le cose sono al comando, da padrone.

Nello sguardo provvidente di Dio
Forse ci manca anche un po' di autoironia. Un po' di leggerezza e di allegria, anche nei nostri ambienti ecclesiastici, dentro certe nostre riunioni. Non dimentico la scritta riportata a chiare lettere sulla maglietta di un ragazzo: “Dio esiste. Non sei tu. Rilassati!”. L'invito evangelico a saper guardare gli uccelli del cielo e i gigli del campo diventa particolarmente significativo: “guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. (...). Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano (...)”. Quando ci si stacca dal predominio delle cose e in noi si attenua l'affanno, lo sguardo diventa allora più contemplativo. S'innalza al cielo gustando il volo degli uccelli e traguarda le cose, attraversandole. E, mentre contempli dei fiori di campo, subito intuisci la presenza della grazia, tanto sono graziosi! La gratuità che avvolge ogni cosa, che accarezza ogni alito di vita. Sentendo che tutto è consegnato allo sguardo di un Dio amorevole. Superando, nello sguardo Suo, ogni distinzione tra cose che contano o che non contano. Tutto, nello sguardo provvidente di Dio, ha un proprio posto, una collocazione. Un senso, un significato, una ragione. Il nostro non è un Dio indifferente. Gesù ce lo ricordava, venendo incontro alle nostre paure: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!” (Mt 10,29-31).

“Cercate piuttosto”
Infine Gesù ci invita a cercare: “Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta”. Ci viene così chiesta una direzione precisa, di attenerci a un programma: “Cercate piuttosto il suo regno”. Dove piuttosto significa anzitutto. Una priorità che non ammette scusanti, che non accetta l'indecisione di chi continuamente rimanda l'occasione per darsi una mossa, che non si darà mai. Percorrere le strade del Regno di Dio comporta la dismisura, la generosità propria del cuore di Dio, che non si calcola e ama sempre per primo. Perdonando non solo fino a sette, ma fino a settanta volte sette. Allora sarà il miracolo delle cose che ci saranno “date in aggiunta”. Non si tratta certo di qualche ritorno bancario o finanziario, ma piuttosto la sempre più netta percezione che, nell'orizzonte del Suo regno, ogni cosa, anche la minima, ha un'anima. Come fossimo folgorati dalla grazia di ritrovarci in pace con la realtà delle cose, oltre il consumismo e l'accumulo. Tutte avvolte nella luce del dono. Non più trattenute nelle mani di pochi, dentro forzieri soffocanti e vecchi, ma tutte attraversate dal respiro dell'essere che le ha create, semplicemente a disposizione di tutti. Come se il dono divenisse, fosse capace di un ritorno, di ricompensa: “e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. Senza smettere più di cercare il Suo volto, intravvedendoLo già riflesso nella realtà delle cose. Martin Luther King al termine di un sermone diceva: "La paura ha bussato alla mia porta; l'amore e la fede hanno risposto; e quando ho aperto, fuori non c'era nessuno".

 

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