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TESTO A te la mia lode, Signore, nell'assemblea dei fratelli

don Walter Magni  

VI domenica T. Pasqua (Anno B) (06/05/2018)

Vangelo: Gv 15,26–16,4 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

1Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. 2Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. 3E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. 4Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto.

Non ve l’ho detto dal principio, perché ero con voi.

Il Vangelo di oggi ci porta ancora al cuore dell'ultima cena. A quel discorso che ci ricorda l'evangelista Giovanni, quando Gesù comincia a parlare dello Spirito santo, chiamandolo “Paraclito”, Consolatore. Proprio come recita una celebre preghiera: vieni, Santo Spirito (...): Consolatore perfetto, ospite dolce dell'anima, dolcissimo sollievo.

“Quando verrà il Paraclito”
Gesù comincia dicendo che lo Spirito Santo viene. Anzi, verrà: “quando verrà il Paraclito”. E come viene lo Spirito consolatore? La Scrittura lo dice in tanti modi, per rimarcare che lo Spirito, respiro di Dio, non lo si imbriglia con le parole, né lo chiude dentro un'immagine. La libertà dello Spirito precede ogni cosa, viene prima d'ogni ragionamento. Perché, come “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va” (Gv 3,8), così è lo Spirito Santo. Nei Vangeli è anzitutto una presenza lieve. Respiro profondo; brezza leggera che raggiunge e avvolge Maria, facendole dono di un figlio. Quasi un battito d'ali di colomba, che risuona nel suo cuore, come un sussulto. Negli Atti lo Spirito, invece, diventa forza che irrompe, fuoco ardente che avanza. Vento impetuoso che spalanca le porte del Cenacolo chiuso, sprigionando nel mondo una parola carica d'amore e che tutti possono capire. Paolo, nelle sue Lettere ci ricorda poi che lo Spirito è soprattutto un dono, che si manifesta in modo unico e originale nei credenti, generando in ciascuno bellezza e genialità. E forse l'immagine più intensa l'ha raccontata il libro della Genesi, all'inizio della creazione: quando “la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gn 1,2). E a quelle parole fa eco il salmo che si canta a Pentecoste: del tuo spirito Signore è piena la terra (104,30). Spirito fecondo, principio di vita che sempre germoglia, guidando i viventi sulle strade dell'amore.

“Egli darà testimonianza di me”
E cosa fa ancora lo Spirito del quale parla Gesù nel Vangelo? Compie anzitutto una testimonianza. Sta scritto che “Egli darà testimonianza di me”. Quello Spirito che nessuna parola, nessun concetto può imbrigliare, proprio in Gesù trova definizione e compimento. Come raccogliesse tutta le forze per indirizzarle a Gesù. Concentrandole tutte in vista di una testimonianza di Lui. Chiarendo anche a noi il senso di quell'espressione propria di Giovanni, quando scrive che “tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, e senza di lui nessuna delle cose fatte è stata fatta” (Gv 1,3). Tutto quello che lo Spirito santo ha fatto nel mondo, tutto quello che egli farà nel mondo che verrà, tutto in Lui confluisce. Tutto in Lui prende senso e dimora. Per questo Gesù, in modo chiaro e convinto ripete ai Suoi e anche a ciascuno di noi, che lo Spirito Santo “darà testimonianza di me”. Infatti lo troviamo intento in questa azione di testimonianza dall'inizio alla fine dell'esistenza di Gesù. Dal Suo concepimento in Maria, “per opera di Spirito santo” (Lc 1,15), a quando Lo raggiunge mentre emerge dalle acque del Giordano (Lc 3,22). E ancora poi Lo guida nel deserto (Mt 4,1); facendoLo esultare, mentre il cuore si scioglie in una lode del Padre Suo (Lc 10,21). Sino al momento estremo, quando dall'alto della croce “chinato il capo, rese lo spirito” (Gv 19,30). Questo è il senso, l'unica direzione che lo Spirito da sempre ha intrapreso, per ridire nella storia l'unico santo nome di Gesù.

“Anche voi date testimonianza”
Gesù prosegue poi dicendo che “anche voi date testimonianza”. Come proclamerà nel Libro degli Atti, al momento dell'Ascensione: “avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni” (1,8). Testimoniare, testimone, testimonianza dicono, soprattutto nel nostro linguaggio, il senso di una verità giuridica, legale. La verità che invece ci viene chiesto di testimoniare con la forza dello Spirito santo, è anzitutto Gesù. E, attenendoci all'indicazione propria di questo tempo di Pasqua, siamo invitati ad essere testimoni gioiosi di Gesù Risorto. Forse ricordiamo quanto il curato di Torcy dice al giovane curato di campagna nell'omonimo romanzo di G. Bernanos: “Il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste”. E suonano come avvertimento anche le parole di F. Nietzsche, rivolte ai cristiani: “Se la vostra fede vi rende beati, fatevi conoscere come beati! Se la lieta novella della vostra Bibbia vi stesse scritta in faccia, non avreste bisogno di imporre così rigidamente la fede” (Umano, troppo umano). Anche papa Francesco ci esorta spesso a non perdere la gioia del Vangelo, denunciando un atteggiamento di tristezza che talvolta serpeggia tra i cristiani. Una sorta di “psicologia della tomba, che a poco a poco trasforma i cristiani in mummie da museo. Delusi dalla realtà, dalla chiesa o da se stessi, vivono la costante tentazione di attaccarsi a una tristezza dolciastra, senza speranza, che si impadronisce del cuore (EG 83)”. Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, dalla Sua gioia. Lo Spirito santo ci accompagni!

 

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