TESTO Commento su Genesi 2,7-9; 3,1-7; Matteo 4,1-11
Carla Sprinzeles Radio Nichelino Comunità
I Domenica di Quaresima (Anno A) (05/03/2017)
Vangelo: Mt 4,1-11
In quel tempo, 1Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto:
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».
5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
ed essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:
Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:
Il Signore, Dio tuo, adorerai:
a lui solo renderai culto».
11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Oggi la liturgia ci propone due letture una tratta dal libro della Genesi e l'altra dal Vangelo di Matteo in cui si parla delle tentazioni, che ha avuto Gesù. Il dialogo tra Dio e l'uomo passa necessariamente attraverso la prova, la "tentazione": Gesù ci è oggi proposto come modello per superare la tentazione mediante la fede, riaffermando il continuo primato di Dio nella nostra vita.
GENESI 2, 7-9; 3, 1-7
Nella prima lettura narra prima la creazione dell'uomo, poi la tentazione e caduta. L'accostamento ci dimostra la generosità e la premura di Dio per la sua creatura.
Il terzo capitolo di Genesi ci parla della caduta di Adamo ed Eva. Il racconto biblico non ha intenzione di scrivere com'era l'uomo all'inizio, che non è noto, ma l'esperienza di una crescita. Il dono della vita è tanto ricco e profondo, che non può essere accolto dall'uomo, se non in momenti successivi, in piccole situazioni, sempre tesi verso l'accoglienza del dono, che è più grande di noi, e che noi possiamo accogliere in misure diverse. Ogni giorno è un'occasione per riempire di vita la nostra esistenza. Anche oggi possiamo fare il pieno di vita, un pieno limitato, ogni giorno con qualche frammento in più. Noi siamo in questa esistenza per morire, per giungere a un compimento. Come il feto è nel seno della madre per uscirne, così anche noi siamo in questo stato di vita per venirne fuori. Tutto ciò che ci accade ha una finalità, ci conduce al compimento, alla forma suprema della vita, che ha nella morte il suo principio. L'amore della madre spinge il figlio ad uscire dal suo seno, di aprire la porta di casa, lo rende capace di morire.
Abbiamo letto il racconto della creazione dell'uomo e della donna: erano nudi e non ne provavano vergogna..ed ora ecco il serpente..cosa c'entra? Il testo sta passando dal racconto sul desiderio di come vorremmo essere, il modello, la misura...a come vanno le cose in realtà, passa dal desiderio alla storia, Dallo specchio alla verità su di noi. Ricordiamo che nel Vangelo un versetto dice:"Siate semplici come colombe e astuti come i serpenti!!
Essere astuti non è un male! La questione del serpente è che ha usato male l'astuzia! Il mondo, le cose, la storia hanno una loro astuzia, una loro potenza e io ho la possibilità di aggiungere la semplicità delle colombe all'astuzia delle cose! Non possiamo controllarla ma abbiamo bisogno gli uni degli altri per mettere tutta la semplicità necessaria insieme all'astuzia del mondo, per far sì che le cose cambino verso. Una frase tipica dell'astuzia è "si deve, non si deve". Il serpente dice:"E' vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare nessun albero del giardino?" Questo verbo dovere dà un vincolo senza dire come attuarlo e suscita la paura o il senso di colpa.
Un'altra struttura tipica dell'astuzia con cui il mondo fa nascere la nostra paura è questa. Il serpente non prende una posizione, non dice una cosa, fa una domanda, mette in cattiva luce Dio. Fa il gioco di sponda (come nel biliardo) usa gli altri e confonde le carte. "E' vero che Dio ha detto..." Bisognerebbe rispondere al serpente: "Vai a chiederlo a Dio!" La paura nasce dalla rifrazione, dal non guardare le cose di fronte, ma guardarle riflesse in cento altre facce!
Tutto il testo che leggeremo è costruito intorno a una paura:"Ho udito i tuoi passi nel giardino, ho avuto paura perché sono nudo." L'abito, è il luogo dove gli altri mi toccano. L'abito è una difesa. La paura abita nell'interiorità.
Il serpente era la bestia più astuta." Serpente e nudo" si esprime con lo stesso termine ebraico.
La donna è innocente, risponde quello che si può fare, mangiare dei frutti degli alberi del giardino possono, solo uno non possono altrimenti muoiono (questo dice che la morte c'era già allora!). La radice della menzogna è: "Diventerete come Dio" ossia si azzererebbe la differenza tra Dio e l'uomo. Dio ha creato l'uomo diverso da sé. La diversità non sminuisce! Questo è il punto, invece l'astuzia senza semplicità insinua: "Voi siete meno!" Facciamo attenzione che questo è il nodo delle nostre falsità! AZZERANDO la DIFFERENZA. Dio ha creato l'uomo diverso da sé, come forma di perfezione. Il tentatore dice: voi siete diversi, perché siete un po' meno! Se mangerete il frutto "diventerete come Dio"..I due che stavano nudi, diversi, senza vergogna, cominciano a entrare nella logica che la diversità è qualcosa che sminuisce e dunque sarebbe bello essere come.."conoscendo il bene e il male". Questa è la seconda faccia della menzogna: ci illudiamo che tutto stia dentro di noi, bastiamo a noi stessi, non abbiamo più bisogno degli altri, avendo ognuno dentro di sé la radice di ogni giudizio: crediamo di essere l'inizio e la fine di ogni propria storia. E' la perdita dell'innocenza. Si aprono i loro occhi e si vedono nudi, hanno bisogno di proteggersi dagli altri, si nascondono, odono i passi di Dio e si nascondono, hanno paura. Ecco dove nasce la paura dal nascondersi a sé, agli altri e a Dio. Come reagisce Dio? NON MANDA UN FULMINE DAL CIELO E LI INCENERISCE! Forse avremmo fatto così noi!
Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse:"Dove sei?" L'uomo, sentendo il rumore dei passi di Dio, si nasconde perché ha paura. Dio non ha paura, fa il movimento contrario, chiama, tira fuori, fa venire fuori, ricucisce, dialoga.
MATTEO 4, 1-11
Chiediamoci: "Come mi devo comportare quando sono tentato?"
Come mai teniamo duro una o due volte e cadiamo alla terza? Una ragazza che fumava molto ha smesso da un giorno all'altro. "Come hai fatto?" le chiesero gli amici. "Fumavo per riempire un vuoto di cui ho preso coscienza, che ho chiamato per nome, e ho capito che le sigarette non lo potevano riempire".
La tentazione offre una falsa opportunità di realizzazione, proponenendoci di stringere tra le mani un bene come se ne fossimo proprietari, come se ne fossimo l'origine, isolandolo dalla fonte di ogni bene, che è Dio.
Gesù si era messo in fila con i peccatori per ricevere il battesimo di purificazione di Giovanni e subito dopo lo Spirito lo aveva spinto nel deserto per esservi tentato.
Non basta immedesimarsi apparentemente con chi fa fatica, non basta nemmeno condividere la sua vita in una comunità terapeutica o nelle favelas. Bisogna anche accettare di provare la stessa debolezza, scendere nell'abisso del suo vuoto riconoscendo il nostro.
Cristo, pur essendo Dio, ha voluto attraversare la nostra costante tentazione di cercare una felicità circoscritta alla condizione di creature.
Siamo invece un vuoto che si deve lasciare coinvolgere continuamente dal Bene che è Dio.
Cristo è stato tentato di instaurare la giustizia sulla terra con soluzioni miracolistiche, dando del pane a tutti, quando invece sapeva di dover essere uno spazio perché l'amore del Padre potesse esprimersi attraverso gesti di condivisione e parole suggerite dal suo Spirito.
Fu tentato di infrangere le leggi della natura, di fare uno "scoop" pubblicitario, che avrebbe affascinato la gente, ma sapeva di dover essere un semplice uomo nel quale il Padre avrebbe dovuto manifestare la sua potenza, attraverso il perdono, che risolleva le esistenze più schiacciate.
Infine ha esperimentato le vertigini di un potere a portata di mano, che egli avrebbe esercitato a fin di bene per salvare l'umanità; ma intuì che solo quando fosse sceso dove l'ultimo lo avrebbe riconosciuto come fratello, condannato a una morte infame, solo là avrebbe attirato tutti gli uomini.
Cristo ci insegna che non siamo noi la fonte del bene, ma che siamo chiamati ad essere mediatori, a patto di resistere alle vertigini del nostro vuoto, fidandoci della Vita.
Amici, la vita è un cammino, dobbiamo alzare il passo per farne un altro e in un attimo perdiamo la stabilità, ma attraverso la fiducia la ritroviamo per fare un altro passo.. La stabilità non è una nostra caratteristica, a meno che non stiamo fermi. Fidiamoci della fonte del Bene e della Vita e uniamoci a Gesù che ha superato le tentazioni!