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TESTO Commento su Sal 145; Mc 7,31-37

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XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (06/09/2015)

Vangelo: Sal 145; Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 7,31-37

31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Le letture di questa domenica ci danno un grande messaggio di speranza e di gioia: il profeta Isaia ci dice "Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio... Egli viene a salvarvi." Il Salmo 145 sottolinea che "il Signore rimane fedele per sempre" e fa grandi cose per noi. San Giacomo ci ricorda che "i poveri agli occhi del mondo... sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano".
Nel vangelo di Marco troviamo un Gesù che non si fa da parte per guarire chi è in difficoltà. Nel racconto di oggi è un sordomuto (sordo/balbuziente, che non riesce a farsi capire, che stenta a relazionarsi, destinato ad una chiusura al mondo esterno) al quale dona la capacità di ascoltare e quindi di poter parlare.
La parola pronunciata da Gesù "Effetà", apriti, e i gesti che compie ci riportano al rito del Battesimo che si chiude con la formula "Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua Parola, e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre...".
Il tema dell'ascolto è ricorrente in tutto la Bibbia; nell'Antico Testamento Dio fa precedere i suoi comandamenti sulle tavole della legge con le parole "Shemà Israel": ascolta Israele. Riaprire l'udito e sciogliere i nodi della lingua sono sì un miracolo, ma sono soprattutto segni del dono battesimale che trasforma l'uomo in figlio di Dio e che attraverso l'ascolto impara a professare l'annuncio della salvezza portata da Gesù.

Essere sordi, nella Bibbia, significa non accogliere il messaggio di salvezza di Dio e questo aspetto viene spesso rimproverato al popolo di Israele. Anche noi, travolti dalle mille cose da fare, attorniati da rumori, da chiacchiere, da opinioni fatichiamo ad ascoltare il desiderio profondo di senso che portiamo nel cuore e peniamo ad entrare in dialogo con Dio. Quante volte in famiglia, sul lavoro, nelle varie attività che svolgiamo ci troviamo nella stessa difficoltà di ascoltare l'altro, presi come siamo dai nostri pensieri e dalle nostre idee precostituite!
Il sordo non va da Gesù di sua volontà, ma il Vangelo precisa "Glielo portarono" (Mc 7,32). Questo fatto potrebbe significare che quest'uomo, rassegnato alla sua condizione di malattia, abbia bisogno di qualcuno che lo accompagni da Gesù: questo è il compito della comunità dei credenti, cioè di tutti noi. Gesù lo porta lontano dalla folla: la ricerca di fede avviene personalmente, cuore a cuore, in un atteggiamento reale di accoglienza. Dio ci parla ma, per accoglierlo, occorre fare silenzio!
Gesù con la parola "apriti", ci invita ad iniziare un dialogo con Lui, ci sveglia dal torpore che ci impedisce di parlare, cioè ci rende capaci di vivere da cristiani: è un invito a fare spazio nel nostro cuore al Suo intervento.
Dopo l'incontro con Gesù quell'uomo è in grado di ascoltare la Parola del Signore e di trasmetterla con la testimonianza della sua vita e con l'annuncio della Buona Novella. Chi ha fatto veramente l'esperienza di ascoltare Dio, sa ascoltare anche il fratello e farsi suo compagno di percorso, per condurlo a Dio, come nel caso del sordomuto, che qualcuno condusse a Gesù pregandolo di imporgli la mano.
Spesso la coppia e la famiglia vivono in un mondo isolato, fatto di preoccupazioni materiali, di incontri superficiali e fugaci, di incapacità di paziente ascolto reciproco. Sentiamo, ma non ascoltiamo. Non lasciamo entrare dentro di noi, nel nostro intimo, la parola dell'altro, una parola che può essere rigeneratrice e ristrutturante, oppure rappresenta una pressante domanda d'aiuto destinata purtroppo a restare, spesso, senza risposta.

Per la riflessione di coppia e di famiglia.
- Quanto tempo dedichiamo all'ascolto autentico di quello che l'altro/a ha da dirci, senza preoccuparci di far prevalere le nostre ragioni o i nostri interessi?
- Quanto tempo dedichiamo nella giornata a parlare davvero con il nostro coniuge, con i nostri figli di desideri, di fatiche, di paure?
- Il battesimo ci apre all'ascolto della Parola che dovrebbe stimolarci anche ad aprirci agli altri, ai loro sogni, ai loro problemi. Come riusciamo a testimoniare nell'attenzione agli altri che il messaggio di Cristo non è un'emozione o una devozione, ma un impegno a testimoniarlo nella vita quotidiana?
- Giacomo nella sua lettera ci invita ad andare oltre l'apparenza. Nelle nostre relazioni con gli altri come siamo capaci di cogliere la realtà del cuore delle persone?

Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino

 

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