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TESTO Il Padre celeste impasta il pane di vita

don Luca Garbinetto  

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (09/08/2015)

Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

La bontà del pane dipende da tanti elementi: l'acqua, la farina, il sale, il fuoco con cui lo si prepara. La sua fragranza, il suo profumo, sono aspetti che ne caratterizzano l'origine e quindi la genuinità. Non tutti i pani sono uguali, dunque. Ma la bontà del pane dipende anche da chi lo prepara, dalle mani che lo lavorano, dalla passione che si pone nell'opera paziente e nascosta. Sì, perché il pane si fa di notte, quando il mondo ancora sonnolento è combattuto tra la notte e il giorno, e regna la penombra. L'oscurità comincia a essere attraversata da qualche bagliore di luce, e il pane inizia a essere impastato, infornato, tolto caldo e saporito.

Chi fa il pane deve avere mani esperte e cuore dedicato, perché quella del panettiere è un'arte antica e nuova, che non si inventa dal nulla, che parla di esperienza e amore.

Chi, allora, ha impastato il Pane disceso dal Cielo? Chi sta all'origine della kenosis di Gesù? Chi sta dietro il suo parlare ardito e il suo agire coraggioso?

Questa è la domanda che sorge fra coloro che hanno mangiato il pane materiale, memoria della manna del deserto, e che si accorgono che c'è qualcosa di più che un semplice banchetto per affamati. I Giudei percepiscono che la fragranza di Gesù ha una autorevolezza e una profondità che non può essere solo di questa terra. E sembra che la bontà del Pane, rimandando a un Artigiano ben più grande di loro, anziché generare stupita ammirazione e rinnovare l'intimo desiderio del Cielo, susciti timore e progressiva avversione.

Può darsi che capiti quando ai Giudei - e a ognuno di noi - si insinua nel cuore quella vena di invidia per non poter essere padroni e gestori di questo Pane buono. Può darsi che sotto sotto si sviluppi quella mortale gelosia di chi vorrebbe essere il produttore e l'unico consumatore, ed è incapace di godere del bene generato e donato da altri.

Il confronto con Dio, però, non può essere sostenuto; e così i Giudei - e forse noi con loro - si mettono a far paragoni con Giuseppe e Maria: ‘se i panettieri, cioè gli educatori e catechisti che hanno generato un uomo così saggio e forte, un Pane così allettante, sono due poveracci del nostro paese, noi possiamo fare meglio!'.

Mai oserebbero dire di sé questo, confrontandosi con Dio! Anche loro sanno che nessuno può operare meglio di Dio! E così si nascondono, e con loro anche noi spesso ci mascheriamo dietro futili, ma dolorosissime diatribe di competizione.

Ma è Dio l'unico Panettiere, la fonte d'Acqua viva e il Fuoco che corrobora la cottura del Pane! Dio è il Padre, che genera il Figlio in tutta la sua incommensurabile bontà!

Per riconoscere questo è necessario riconoscere che Gesù è un Pane disceso dal Cielo, che non si incrosta in nessuna logica di rivalità umana, e non si incasella in misere ricette terrestri. Significa accettare di... perdere il controllo, e dare al Pane la possibilità di inebriarci con il suo profumo e il suo sapore. Chiudendo gli occhi per poterci fidare di Lui.

Questa è la posta in gioco: la fede, il credere per avere la vita eterna. Per poter mangiare il Pane del Cielo senza che questo diventi la nostra condanna, come ricorda Paolo ai Corinzi, è necessario scegliere decisamente e senza mezze misure di fare del Panettiere celeste l'unico nostro Artigiano di riferimento e del suo Pane impastato nella carne del Cristo l'alimento quotidiano, abbandonando la nostra pretesa di governare e commerciare la Grazia, per lasciarci trasformare dalla Grazia.

Non è una meta per pochi eletti o un privilegio per qualche persona speciale. Si tratta invece della possibilità data a tutti di scoprirsi cari allo stesso Artigiano celeste. In Gesù Pane, infatti, in Gesù Eucaristia si realizza per ognuno di noi la profezia dell'Antico Testamento: lo Spirito prende casa nel cuore di ogni uomo, giovane o vecchio che sia, e la Terra Promessa si concretizza nella vita celeste accolta nella nostra interiorità come anticipo di Paradiso.

Tutti possiamo mangiare di questo Pane, che è la carne del Figlio offerta in sacrificio per noi. E in esso incontriamo la verità di un Padre che si sveglia molto presto, prima dell'alba, sperando di trovare la nostra povera ma amata carne disponibile a farsi impastare e cuocere ancora, per essere, come Gesù, offerta al banchetto del mondo ogni giorno, come sacrificio gradito a Dio.

 

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