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TESTO Commento su Giovanni 15,9-17

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VI Domenica di Pasqua (Anno B) (10/05/2015)

Vangelo: Gv 15,9-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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9Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di padre Gianmarco Paris

Preceduti e guidati dall'amore

Stiamo percorrendo il cammino della Pasqua: esso ci invita a riconoscere Gesù vivo e vincitore della morte, capace di dare vita nuova a ciascuno di noi. Il Risorto che appare ai discepoli li porta a "ricordare" quanto aveva fatto e detto prima di dare la sua vita. Alla luce della sua morte e risurrezione, le sue parole assumono un altro spessore, parlano di più, arrivano fino a noi. E diventano sempre più forti col passare degli anni, quando ci accompagnano nelle esperienze gioiose e tristi della nostra vita. Anche oggi ascoltiamo alcune parole dette da Gesù nell'ora del testamento, dell'ultimo saluto, quando tutto si fa essenziale e vero.

Nelle domeniche scorse Gesù ha parlato di sé e del suo rapporto con i discepoli mediante due belle e note immagini: il pastore e le sue pecore, la vite e i tralci. Per Gesù il senso della sua vita è la relazione con i suoi, non si può pensare se non in relazione (il pastore non ha senso senza le pecore, come la vite senza i tralci); e ci invita a pensare anche la nostra vita in questo modo, come sorretta dalla relazione vitale con lui.

Oggi, continuando il discorso sulla vite, lascia da parte le immagini e va al cuore della rivelazione di Dio, che non consiste in comunicazione di idee e molto meno di norme, ma consiste in una relazione di amore: ciò che Gesù vive con il Padre, è questo che ha voluto vivere con i discepoli. Prima di lasciare i suoi, li esorta a rimanere in questa relazione, cioè a corrispondere con la loro vita concreta al dono d'amore che hanno ricevuto. Questa relazione di amore ha una condizione: "compiere i comandamenti". Come Gesù, obbedendo al Padre, ha fatto esperienza del suo amore, così invita i suoi ad obbedire al suo comandamento: amare i fratelli come Gesù ha amato i suoi amici. La condizione per continuare a ricevere il dono dell'amore di Dio è far scorrere quel dono tra di noi, non chiuderci agli altri, rapportarci agli altri nel modo che abbiamo visto in Gesù, superando altri modi umani che sono molto diversi, fino al punto di dare la vita per gli altri. E' questo il frutto che Gesù attende da noi, suoi amici. La conseguenza, il fine per cui Gesù ci chiama ad entrare in questa relazione che parte dal Padre, è la gioia: affinché possiamo partecipare della sua gioia, avere una gioia piena.

Questo progetto di amore con l'umanità, contempla ancora San Giovanni nella seconda lettura di oggi, dove troviamo la famosa breve frase che dice tutto ciò che di più alto si può dire di Dio: "Dio è amore". Giovanni sviluppa questa definizione con alcuni aspetti di questo mistero: Dio ha preso l'iniziativa, è stato il primo ad amare, e lo ha fatto quando l'umanità era lontana da Lui, quando amare ha significato perdonare il rifiuto, il peccato. Allora, la strada per conoscere Dio è amare, sappiamo che siamo suoi figli se amiamo. E non c'è bisogno di andare chissà dove, o di prendersi cura di chissà chi; basta amare chi ti sta vicino.

Noi conosciamo bene questo "cuore" della rivelazione cristiana (l'amore), conosciamo la condizione che Gesù chiede e la promessa legata all'obbedienza. Al tempo stesso sentiamo come è difficile seguire Gesù in questo cammino. Esso è lo stesso in tutte le vocazioni e le forme di vita cristiana; in ciascuna ci offre ogni giorno alcune rinunce, passi coraggiosi da fare, scelte difficili che ci costano. Fermiamoci e chiediamoci: nella mia vocazione, come giorno per giorno sto amando chi mi è vicino, come Gesù ha amato me? C'è qualche altro passo che posso fare, qualche gesto concreto, qualche scelta importante, che mi permette di camminare nella direzione che Gesù ci insegna?

Se ciascuno di noi è incamminato su questa strada, è possibile anche porsi queste domande come comunità, come Chiesa, perché testimoniamo Gesù non solo personalmente, ma anche nel modo di vivere tra noi. Gli Atti degli apostoli nella prima lettura ci raccontano un passo importante compiuto nel primi anni della Chiesa: Pietro entra nella casa di Cornelio, un romano (quindi non appartenente alla religione giudaica) che viveva a Cesarea marittima. Dio aveva mandato i suoi messaggeri sia a Cornelio (per mandare a chiamare Pietro) sia a Pietro (per accettare l'invito di Cornelio). Dopo aver annunciato Gesù, Pietro capisce che lo Spirito Santo scende anche sulle persone lì riunite, cioè riconosce che Dio va avanti a lui, apre nuove strade, verso dove Pietro da solo non avrebbe mai pensato di dover andare. Se come Chiesa stiamo in ascolto dello Spirito, Egli ci apre strade che non pensiamo, perché l'amore di Dio possa raggiungere tutti coloro che lo attendono.

 

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