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TESTO Il dito del risorto tocca le tue piaghe

don Luca Garbinetto  

II Domenica di Pasqua (Anno A) (27/04/2014)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Sono ancora chiuse le porte del cenacolo, nonostante l'annuncio ricevuto da Maria di Magdala. Sono ancora chiuse le porte dei cuori, per timore dei nemici. Tutti possono diventare nemici, nella nostra testa, quando siamo barricati nelle nostre aspettative deluse, nei nostri sogni falliti. E se gli occhi rimangono ancorati al passato, ciechi di fronte alla novità di una speranza, allora anche i volti degli altri vengono sfigurati e sono un pericolo per noi. Per noi come per i suoi discepoli, che hanno paura... Che hanno bisogno di vedere, di persona, e ancora non si fidano di un annuncio, di una parola, dell'ascolto...

E Gesù viene! Il verbo è al presente, perché è il verbo del nostro tempo. Gesù viene ora, attraversa ogni porta chiusa, non si ferma davanti a nessun ostacolo che genera morte dentro. Gesù viene, dolce e tenero, ma cocciuto e fedele. Viene e sta, in mezzo. Gesù non si mette ai margini del dolore dei suoi, del nostro dolore. Non si fa estraneo e giudice dei nostri sentimenti contrastanti. Gesù sta, in mezzo alla sua Chiesa. È nella Chiesa riunita, anche nella codardia e nell'angoscia, che Gesù ha voglia di venire e di stare.

I suoi gioiscono, perché lo vedono. Vedono che è proprio Lui, il Crocifisso. È questo il terrore più grande che essi portavano dentro, forse anche la nostra titubanza a credere in tante situazioni della vita. Forse pensiamo che credere nel Risorto significhi cancellare tutta una vita di stenti e di fatiche, di pene e di dure conquiste, di fallimenti e di paure, quasi a voler dire che è una vita senza senso e vissuta male. Magari spesa a lavorare come ciuchi o a cercare di tirare a campare. Finalmente, viene la Risurrezione, e tutto sparisce, come nuvola di fumo. Il lieto fine di un film americano, l'ha chiamato papa Francesco.

Ma non è così, la Risurrezione non è questo. Gesù risorto dona la pace ai suoi, e subito mostra i segni della passione. Che sono rimasti, per sempre, incisi indelebilmente nella sua carne trasfigurata. Il corpo del Risorto porta le piaghe della Croce, e le porta con sé anche in Paradiso. Questo significa che pure la sua storia vissuta tra noi, come uno dei tanti, uno che stava in mezzo e si confondeva tra la folla; pure la sua vita ordinaria di lavoratore, e anche le sue lunghe camminate, gli incontri, i prodigi, le parole; soprattutto, la sua passione e morte, sono vere e sono divine. E allora anche la nostra vita umana, tutta intera, compresa la tragedia della morte, è assunta nella sua carne risorta ed è resa santa. Nulla della nostra esistenza, come della sua, andrà mai perduto: solo le ferite lancinanti del peccato, che strazia lo spirito, perché la sua morte e risurrezione le ha annullate e redente.

Il Risorto è il Crocifisso. Il Crocifisso è il Risorto. È dalla Croce che germina la pace, dono intimo e dolcissimo del Risorto. Pace e gioia: la Chiesa riunita nella propria passione le riceve come eredità magnifica della vita divina, anticipo di Paradiso.

La fede sgorga da questa insuperabile mistura, da questa fusione mistica e misteriosa tra il dolore e la gioia, tra la morte e la vita, tra la sconfitta e la vittoria. Non sono le due facce della stessa medaglia. È piuttosto la goccia d'acqua che si perde nel vino nuovo delle nozze del Risorto.

Questo, Tommaso, non riesce a crederlo. Non si fida neanche lui delle parole dei compagni, come loro non avevano dato credito all'annuncio della Maddalena. Sono sulla stessa barca, i poveri discepoli, icona della nostra Chiesa, comunità di uomini e donne fragili e appassionati, santi e peccatori. Tommaso brama un lieto fine, una vittoria eclatante; lui, che era pronto a morire con Gesù mentre andava a risvegliare l'amico Lazzaro dal sonno, preferiva gli eroi ai martiri. Perché Gesù, martire, è morto nel nascondimento, nel silenzio, nell'abbandono. E persino la Risurrezione non rientra nei canoni di chi vuole vedere la gloria di Dio rimbombare di suoni di trombe: Gesù viene e sta nel nascondimento dei suoi, sorride, tenerissimo, commosso di amicizia più che zelante di conquiste.

E nella sua tenerezza, Gesù va incontro alle esigenze dell'amico. Viene e sta anche per lui e con lui, ma sempre in mezzo alla comunità riunita. È la comunità il luogo dell'incontro con il Crocifisso Risorto. Gesù propone a Tommaso di vedere, di toccare, proprio come desiderava. E Tommaso, in quelle stesse parole colme di misericordia, riconosce che... non ha bisogno di vedere e di toccare per riconoscerlo! Non è questa la radice della fede. Non è la presunzione di avere dimostrazioni, ciò che muove alla fiducia.

Piuttosto, avviene il contrario. Tommaso, e prima di lui gli altri dieci, forse ancora frastornati dal gesto profetico della lavanda dei piedi, capiscono che sono loro a dover lasciarsi toccare, a dover permettere allo sguardo di Gesù di posarsi sulle loro piaghe. La fede, la nostra fede, la mia fede nasce quando io mi riconosco peccatore ferito, creatura povera, figlio ribelle, e permetto alla mano dolce del mio Signore, al dito creatore del mio Dio, di toccare le mie piaghe per guarirle. Come il caos all'origine della storia, come le stelle nella bellezza del firmamento, come il cuore della peccatrice liberato dalla condanna: il dito di Gesù è il dito dell'Artista divino che modella le sue opere d'arte restituendo loro dignità e grazia.

Questo accade a Tommaso e agli altri, come era accaduto a Maria nel giardino. Ecco perché la missione, che viene dalla potenza dello Spirito innervata nelle nostre vene, è sostanzialmente un traboccare di gratitudine. I peccati perdonati sono i miei, i nostri, quelli della Chiesa. E, come vino nuovo a Cana, questa Chiesa lascia zampillare dal cuore squarciato l'acqua e il sangue che fanno partecipi di tanta grazia. Il perdono ricevuto non può essere trattenuto. La Chiesa vive risorta quando non chiude più le porte e permette a Gesù, che viene e sta in mezzo, di andare e stare con tutto il suo amato popolo, peccatore e perdonato.


LA CHIESA

C'è una catena, la Chiesa,
di mani strette tra loro
fragile, vigorosa, vivace
che unisce la terra e il cielo.

Cristo Servo è il Capo,
lo Spirito Amante il collante,
ma non c'è primo o ultimo posto,
è un cerchio di figli e di santi.

Il vincolo intimo e povero
fa' sì che il peccato di uno
scorra nelle vene di tutti:
insieme si cura la piaga.

La fede senza confini
sorregge le gambe infiacchite:
la carovana cammina
verso pecorelle smarrite.


TOMMASO

Tocchi il costato aperto,
tocchi il cuore di Dio.

Lascia che il suo dito creatore
tocchi la piaga tua.

Sarai tu corpo risorto,
nuova splendente creatura.

Non servirà più toccarlo:
toccando te, tocchi lui.

 

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