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TESTO Vincere la rassegnazione del peccato

don Luca Garbinetto  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno A) (30/03/2014)

Vangelo: Gv 9,1-41 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

39Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

Forma breve (Gv 9, 1.6-9.13-17.34-38):

In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita; 6sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Ci sono due tipi di persone rassegnate. Il primo tipo sono coloro che si sono convinti che tutto è sbagliato, tutto va male, loro soprattutto. E vivono ancorati nella passività, perché la storia familiare li ha bloccati in un passato disastroso e in un futuro senza speranza: ne risulta un presente di oscurità, in cui lo sforzo principale è quello di raccogliere le briciole che cadono magicamente dall'alto. Il cieco nato è la figura di questo genere di persone. Incastonate nello schema del ‘do ut des': se qualche disgrazia mi è capitata, certamente me la sono meritata io, o pago per causa degli sbagli di qualcuno a me molto vicino. Si sopravvive così nel pessimismo, nel vittimismo, che però porta parecchi vantaggi: meno responsabilità, meno rischi, meno cambiamenti...

Il secondo tipo, però, sembra essere più insidioso. Apparentemente sembrano persone attive e intelligenti, aperte e al passo con la storia. In realtà, la loro aggressività e la loro violenza si scarica nell'esercizio di un potere spesso subdolo e meschino. Comandano e incasellano la realtà dentro i propri schemi: ‘si è sempre fatto così', ‘i nostri padri ci hanno insegnato, e noi non possiamo cambiare'. É la dittatura dello ‘status quo', che implica la necessità di ostruire ogni passaggio di novità e di non credere alla fantasia dell'uomo e della storia. Rassegnati alla routine, alzano la roccaforte della ragione, nascondendo invidie e gelosie. Così sono i farisei, nel vangelo di Giovanni. Rassegnati alla propria visione di un Dio ‘che non ascolta i peccatori' (v. 31). Dio giudice, rancoroso e vendicativo, che rende l'uomo oggetto delle proprie ripicche, privandolo di ogni libertà e responsabilità personale. Questo sistema di rassegnazione, radicato in una falsa comprensione della religione e in una maschera di Dio, è il più pericoloso e triste. Questo tipo di persone generano il sistema affinché esistano, accomodate, anche le altre. E porteranno Gesù sulla croce.

Perché Gesù, luce del mondo, non tollera la tenebra della rassegnazione. Non sopporta la passività e l'ozio ripetitivo. Non gode della fredda razionalità dell'uomo religioso, che non ha fede.

Gesù è un lavoratore, impegnato a trasformare il giorno della propria attività messianica in luogo di mietitura copiosa e abbondante. Gesù cerca i frutti del Regno, instancabilmente e con creativa novità. Questo Messia fa discutere. Nel brano di oggi, Gesù appare in azione all'inizio e alla fine, all'alba e alla sera del giorno di lavoro. Nel mezzo, un lungo dibattito su di Lui, icona di certi talk show televisivi che vanno di moda nei nostri mezzi di comunicazione, ma che sono bacati fin dalla radice: si tratta, infatti, di un dialogo tra sordi, privo di una pur minima onestà intellettuale.

I farisei, rassegnati ai loro pregiudizi, deformano la realtà con ragionamenti arzigogolati e cedono all'insidia della rabbia e dell'accusa gratuita, quando vedono sfuggire loro di mano la situazione e la comprensione della realtà. Più sottilmente, vedono sfumare le fondamenta del loro potere, arroccato sulla falsità.

La folla, i genitori, il cieco guarito - almeno all'inizio del racconto -, rassegnati alla condizione di servilismo, approfittano dell'immagine di Dio che è stata loro spacciata per vera, e si defilano, evitando ogni assunzione di responsabilità e abdicando ai rischi della libertà. Hanno paura: la vita, per essere vissuta bene, richiede coraggio e prese di posizione.

Gesù partecipa: agisce sereno, all'alba del giorno, come Dio agì all'alba della storia. Lui, che è padrone del sabato, rinnova il gesto creatore, e con il fango impastato restituisce la vista e la vita all'uomo accecato da se stesso. È la notte del peccato, quella che ha catturato l'esistenza del cieco, nato sotto l'influsso del serpente delle origini. Ha bisogno, l'uomo, di questo gesto gratuito e ri-creatore del Figlio dell'Uomo. Nemmeno lo chiede, il malato di morte: quante volte anche noi ci siamo ritrovati destinatari di un gesto di totale e gratuita misericordia senza averlo nemmeno chiesto, senza esserci nemmeno accorti di averne avuto bisogno. Ecco la peggiore cecità, quella che lo stesso Gesù richiamerà, nel paradossale gioco di parole, ai farisei ostinati (v. 41): chi non vede di non vedere e si considera armato di buona vista, chi non percepisce l'insidia del peccato e si ritiene superbamente a posto, chi suppone di avere da sé tutto il necessario per la salvezza... Terribile cecità, di chi non sa di essere cieco e non si dispone ad accogliere la luce!

A tutti noi, però, Dio ha preparato il dono assolutamente gratuito della redenzione. É il battesimo, tanto più evidente nella sua dimensione di grazia quanto più piccini sono i bambini che lo ricevono. Il battesimo è dono e invio: la piscina di Sìloe ne è il simbolo. Gesù, l'Inviato (cfr. v. 7), invia e invita ogni nuovo figlio di Dio a intraprendere il viaggio verso la luce, accesa al cero pasquale del Risorto.

Ma il viaggio non è scontato. ‘Beato chi decide nel suo cuore il santo viaggio' (Sal 83, 6). Alla gratia gratis data deve corrispondere una scelta libera e responsabile; la dura cervice della rassegnazione deve essere scalfita dall'atteggiamento dell'abbandono fiducioso e intraprendente. Al cieco guarito servirà un po' di tempo per rendersene conto: il confronto con la realtà, l'incomprensione della sua religione, i conti che non tornano nei riguardi di Dio. ‘Ma sarà proprio vero che questo Dio non ascolta i peccatori? Ma allora chi è questo peccatore che, in giorno di sabato, mi ha restituito la vista senza che glielo chiedessi?' C'è un momento, nel cammino della vita, in cui si risveglia il germe piantato in noi in virtù del battesimo. Quel giorno le contraddizioni del mondo risultano decisamente insopportabili. Quel giorno l'abbaglio della luce del mistero di Dio fa troppo contrasto con la meschinità dei ragionamenti umani. Quel giorno si è davanti a una scelta decisiva. Si chiama conversione, cambio di rotta, svolta a U. Non è mai troppo tardi, non c'è limite di età, né di condizione sociale o religiosa.

Il cieco guarito viene sbattuto fuori dalle relazioni vitali della sua esistenza proprio nel momento in cui la logica dei rassegnati avrebbe dovuto dargli il placet. E invece, mossi dall'invidia, nessuno clicca mi piace nella bacheca della sua esistenza rinnovata. L'uomo si ritrova paradossalmente solo. Non c'è nulla da fare: Dio, il vero Dio, il Dio di Gesù rompe con i cliché finora mantenuti e cambia da dentro la persona. É a questo punto, quando si affaccia l'esperienza desolante e stimolante insieme del deserto e dell'emarginazione, che, delicato ma puntuale, risuona l'appello del Figlio dell'Uomo: ‘Tu, credi?' (v. 35). L'inviato è ora invitato. A credere, a scegliere la fede, a intraprendere decisamente il santo viaggio, per il quale da tempo, ormai, ha ricevuto in dono tutto l'equipaggiamento, ma che ancora non aveva deciso di fare proprio. La fede non è un sentimento naturale e scontato. La fede è una scelta, che presuppone l'incertezza e il dubbio: ‘Ma chi è, Signore, perché io creda in lui?' (v. 36). L'uomo perde il controllo, e si arrende impotente: gli schemi rassegnati e ripetitivi non reggono più. Rimane, liberante, solo l'incontro, la relazione vera con Gesù. Umilmente disposta alla scoperta, alla progressiva illuminazione.

Oggi il Signore chiede anche a noi di fare una scelta, di lasciare risuonare in noi l'appello: ‘Tu, credi nel Figlio dell'Uomo?'. Ci invita a rinunciare a una fede immatura e scontata, oscurata dalle tenebre del conformismo. Ci sollecita a trasformare i fuochi di paglia della religione superstiziosa e legalista nella fiamma ardente della fiducia in Lui. Siamo ciechi, ciechi dalla nascita, ciechi nel cuore: ma che esperienza affascinante abbandonarci, nella nostra cecità, alla mano del Figlio dell'Uomo, che ci solleva dal buio e ci guida per il giusto cammino. Che vertigine si sperimenta nel perdere il controllo della nostra esistenza per affidarlo a chi l'ha voluta e generata fin dalle origini della Storia!

O felix culpa, canteremo nella grande veglia pasquale; o felice oscurità del cuore, che, riconosciuta, mi ha permesso di lasciarmi cercare e trovare dalla Luce che salva.

‘Signore, io credo ma tu aumenta la mia fede' (cfr. Mc 9, 24); Signore, io non vedo, ma tu illumina la mia oscurità.

 

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