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TESTO Fede è saper dire grazie

don Giovanni Berti

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (13/10/2013)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

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Per noi preti di oggi, in questa nostra società sempre più secolarizzata dove la frequenza alle messe domenicali è sempre più bassa, questo vangelo è davvero consolante!

Se facciamo una rapida sintesi numerica dell'episodio narrato dall'evangelista Luca, possiamo dire che Gesù nella sua azione aveva una risposta del 10%. Infatti su 10 lebbrosi che in qualche modo guarisce, solo uno di loro torna indietro a lodare Dio... Se sono vere le indagini secondo le quali ancora il 20% degli cristiani italiani viene a Messa ogni domenica, possiamo dire che oggi facciamo meglio del Signore!
Accostamento un po' azzardato? Forse no...

L'Eucaristia domenicale (termine più corretto per indicare quella che comunemente diciamo Messa) significa proprio "rendere grazie". Noi la domenica ci ritroviamo insieme come cristiani per dire un grande grazie a Dio attraverso i gesti e le parole di Gesù suo Figlio.

Se non cogliamo questo significato primario della nostra preghiera domenicale in chiesa rischiamo davvero di non capire il motivo per cui ci raduniamo.

L'episodio narrato nel Vangelo è un ottimo insegnamento di vita cristiana e ci aiuta a dare un senso alla celebrazione domenicale, che per molti non ha più tanto senso, e quindi l'hanno in fretta abbandonata, e per tanti altri rischia di essere solamente un buon esercizio di buona volontà.

Gesù incrocia la povertà di 10 persone, che secondo la mentalità del tempo, sono maledette da Dio perché segnate da una malattia, la lebbra, ritenuta un castigo. Sono degli impuri per gli uomini e per Dio. Gesù invita loro a fare quello che era prescritto nella Legge, cioè di presentarsi ai Sacerdoti del Tempio, affinché constatassero che erano guariti. Implicitamente Gesù comunica loro che saranno guariti (e quindi resi puri davanti a Dio), e loro partono pur essendo ancora lebbrosi, fidandosi di questa promessa implicita.

Partono in questo viaggio di speranza e sono mossi dalla fiducia, e vengono guariti. Sullo sfondo si vede l'intervento misterioso di Dio che ridona loro nuova dignità sociale e religiosa.

Il racconto del Vangelo poteva forse fermarsi qui. C'è stata una richiesta ("Gesù, maestro, abbi pietà di noi!"), e c'è stata una risposta. I 10 si sono fidati e sono stati "premiati".

Questa è fede? Sembra proprio di no... O almeno non è la fede che Gesù insegna.

Il colpo di scena è che lo straniero del gruppo torna indietro. Proprio lui che aveva una sorta di doppia maledizione (lebbroso e samaritano) è l'unico che ha un movimento di vera risposta e diventa esempio.

Riconosce che è stato raggiunto da Dio e sente l'insopprimibile desiderio di tornare a ringraziare, di riallacciare un rapporto più profondo con quel Maestro Gesù nel quale vede ancor più chiaramente un segno di Dio. Non sappiamo se sia effettivamente andato a fare l'atto religioso prefissato, ma poco importa. Più importante è che trasforma la sua guarigione-purificazione in relazione con Gesù. Non è solo guarito ma ora è anche salvo ("...va', la tua fede ti ha salvato!").

La fede senza ringraziamento non è vera fede.

La fede non è semplicemente un atto di buona volontà che si dimostra con atti religiosi esteriori magari vissuti controvoglia e magari motivati dalla paura del castigo o dall'aspettativa del premio finale.

La fede è riconoscersi guariti da Dio, raggiunti dal suo amore, anche se non ci siamo meritati nulla...

La fede è rispondere a Dio con la ricerca di una relazione sempre più stretta con Gesù, sentendo il desiderio di conoscerlo in quel che fa e dice...

La fede è far prevalere in noi un sentimento di gratitudine che scaccia via paure e risentimenti, calcoli e giudizi...

La fede è sentire che abbiamo sempre da dire grazie a Gesù, perché non ci meritiamo nulla, ma da lui abbiamo tutto gratuitamente...

Ecco qui il senso della nostra preghiera domenicale: rendere grazie a Gesù di quello che siamo e di quello che abbiamo. E il grazie vero non è tale se non accompagnato dal sorriso e dalla pace del cuore.

Tutto questo ovviamente non è mai così definitivo e possibile, perché spesso abbiamo più motivi per essere tristi che felici. Ma proprio per questo il grande grazie domenicale che facciamo in chiesa la domenica non lo facciamo mai da soli, ma come comunità.

Insieme rendiamo grazie perché ci sosteniamo l'un l'altro e insieme ricerchiamo i motivi per dire grazie a Dio. E se qualcuno accanto a me soffre e non sa dire grazie, io lo dico con lui e faccio in modo che possa dirlo in futuro, prendendomi carico delle sue tristezze e difficoltà.

Fede è rendere grazie... e per rendere grazie mi impegno nell'amore.

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