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TESTO Il turbamento e la pace

don Elio Dotto  

VI Domenica di Pasqua (Anno C) (16/05/2004)

Vangelo: Gv 14,23-29 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,23-29

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

Penso che tutti, in un modo o nell'altro, amiamo la nostra casa. Certo, alle volte la sentiamo anche piccola e stretta: e tuttavia sperimentiamo tutti, ogni tanto, la gioia di poterci ritirare in casa, nella nostra camera, chiudendo fuori, almeno per un momento, le tante occupazioni e preoccupazioni che la vita ci presenta.

Così accadeva già in quel tempo, ai discepoli di cui ci parla il Vangelo di domenica (Gv 14,23-29): anche quei discepoli sentivano forte il desiderio di una casa. Essi una casa l'avevano trovata il giorno in cui avevano incontrato Gesù di Nazareth. Quel giorno erano stati colpiti dalle parole del Maestro, e avevano deciso di metter su casa con lui. Per questo motivo lo seguivano ovunque andasse: e anche quando a due a due erano stati inviati a predicare, avevano sentito forte nel cuore il desiderio di ritornare a casa, da Gesù, per trovare in lui la pace e la forza necessarie.

Ora Gesù stava per lasciarli: la sua condanna a morte era già scritta, e i discepoli vedevano così andare in frantumi quella casa, quella compagnia che avevano costruito. Il loro cuore, dice il Vangelo, era turbato: era affannato, agitato, proprio come il nostro cuore, quando non riesce a trovare una casa tranquilla in cui riposare.

Appunto al turbamento dei discepoli volevano portare soccorso le parole di Gesù. «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore». Queste parole dovettero certo apparire promettenti ai cuori smarriti dei discepoli; ma anche sembrarono subito illusorie. Come potevano non essere turbati, se Gesù stava per essere strappato via da loro? Come potevano custodire la pace davanti all'ora inesorabile della morte?

Ai discepoli apparivano dunque illusorie quelle parole di Gesù. Proprio come a noi appaiono illusorie tutte quelle parole della Scrittura che promettono pace e sicurezza: perché ci sembrano lontane dal turbamento e dall'insicurezza che segnano ogni giorno della nostra vita.

In realtà, forse anche a Gesù – almeno per un attimo – apparvero illusorie quelle sue parole. Perché anche lui sentiva nel cuore la tristezza del distacco; e anche lui, poche ore più tardi, dirà l'umanissima invocazione del salmo 21: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato? Invoco di giorno e non rispondi, grido di notte e non trovo riposo».

Eppure Gesù sapeva che il Padre non lo avrebbe abbandonato nell'ora della morte; egli credeva fermamente che il Padre avrebbe continuato ad essere la sua casa. Gesù sapeva; e per questo riuscì a trasformare il suo grido di disperazione in canto di lode: «Lodate il Signore, voi che lo temete, gli dia gloria la stirpe di Giacobbe. E io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza».

Appunto questa lode e questa fede Gesù vuole insegnare a noi, se soltanto ci lasciamo guidare dal suo Spirito Consolatore.

 

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