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TESTO Commento su Atti 26, 1-23; Prima Corinzi 15, 3-11; Giovanni 15,26 - 16,4

don Raffaello Ciccone  

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VI domenica T. Pasqua (Anno B) (13/05/2012)

Vangelo: At 26, 1-23; 1Cor 15, 3-11; Gv 15,26 – 16,4 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 15,26–16,4

26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

1Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. 2Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. 3E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. 4Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto.

Non ve l’ho detto dal principio, perché ero con voi.

Lettura degli Atti degli Apostoli 26, 1-23
Stiamo leggendo il resoconto di un discorso di Paolo, imprigionato a Cesarea da qualche anno. Egli parla davanti al re Agrippa, accompagnato da Berenice, in visita a Festo, governatore romano eletto da Nerone attorno agli anni 60.
È un discorso molto elaborato, dove si sente la preoccupazioni di coinvolgere persone che non sono ebrei e che tuttavia hanno interessi alla comprensione del mondo d'Israele.
Paolo ricorda d'aver vissuto nel popolo come un buon fariseo, " nella più rigida setta della nostra religione" (vv 4-8), quindi richiama la lotta anticristiana che lui stesso ha sviluppato (vv 9-11), la sua conversione (vv 12-18), le sue attività di credente cristiano (vv 19-20), il suo arresto (v 21), il contenuto del suo insegnamento (vv 22-23).
È la terza volta che Luca, autore degli Atti, racconta, in situazioni diverse, la conversione di Paolo. Inserito nella storia d'Israele, l'annuncio di Gesù rappresenta la convergenza e la conclusione dell'attesa del popolo Dio.
Paolo non risparmia una denuncia del proprio comportamento contro i cristiani, crudele e profondamente irresponsabile, e tuttavia Paolo è ancora convinto di avere agito secondo alcuni criteri e valori maturati nella scuola ebraica. Egli voleva estirpare questa eresia perché tutto concordava, nelle sue valutazioni, con una situazione di menzogna e di tradimento. "Anzi alzati e sta ritto" (v 16): è il richiamo ad una missione profetica a cui Paolo è destinato. Egli deve essere "ministro e testimone della visione che hai visto e di quelle che di me vedrai". Equiparato "ai testimoni oculari e ai ministri della Parola" (Lc1,2), gli viene fatta una promessa: "Sarà liberato da Israele e dai pagani per aprire gli occhi ai pagani perché vengano alla luce, si sottraggono al potere di Satana e ricevano il perdono dei peccati insieme con l'eredità e la fede in Gesù" (v 17). Mentre denuncia l'acredine verso di lui e la sua predicazione ai pagani (v 19), Paolo rivendica che il suo insegnamento ha come contenuto ciò che è stato previsto direttamente dai profeti e da Mosé (v 22).
Questa riflessione colpisce molto Agrippa che esprime liberamente la sua impressione e il suo giudizio: "Quest'uomo non fa nulla che meriti la morte o il carcere". "Si sarebbe potuto rimettere in libertà quest'uomo, se non avesse appellato all'imperatore" dice Agrippa a Festo (vv 30-32).
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. (1Corinzi 15, 3-11)
Con il capitolo 15 si potrebbe parlare di una terza parte della prima lettera ai Corinzi il cui centro focale è la risurrezione di Gesù.
Paolo ci tiene a sottolinearlo ai suoi contemporanei (ma la chiarificazione vale anche per noi oggi ) che il contenuto della fede cristiana non è una dottrina morale o sapienziale, Piuttosto il fondamento è costituito dagli avvenimenti della presenza di Gesù, figlio di Dio nel mondo, e, in particolare, dai fatti conclusivi della sua esistenza tra noi: la morte, la sepoltura e la risurrezione.
Riporto alcuni testi biblici a cui la prima Comunità allude, ricavati dal Primo Testamento: "soffrì per i nostri peccati": Isaia, 53,5-7: " Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti... il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti"; la passione e morte di Gesù: Isaia 53,8: "Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo"; la sepoltura: Isaia 53,9 "Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo", la resurrezione: Osea 6,3: " Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l'aurora. Verrà a noi come la pioggia di autunno, come la pioggia di primavera, che feconda la terra»; Salmo 16,10: "Perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione; Giona riportato da Mat 12,40: "Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra".
Sono ricordate qui le diverse apparizioni di Gesù "la cui testimonianza può essere ancora oggi proposta...da molte persone viventi" dice Paolo. Egli scrive a circa 25 anni dai fatti raccontati.
Le testimonianze elencate sono sei e non corrispondono tutte a quelle riportate nei Vangeli perché Paolo, probabilmente, ha un suo documento di particolare valore per la sua antichità e non va dimenticato che i Vangeli sono stati scritti diversi anni dopo questa lettera, e ognuno in una propria ottica di catechesi. È apparso "ai dodici" nello stesso giorno della risurrezione: e tuttavia, con questo numero, si vuol ricordare semplicemente il gruppo degli apostoli ( in pratica sono solo 10; manca Tommaso e ovviamente anche Giuda il traditore). Si parla di 500 fratelli ma nei Vangeli un tale numero non si ricorda, a meno che si faccia riferimento al Monte della Galilea (Matteo 28,16) o al momento dell'ascensione al Monte degli ulivi ( atti 1,12). Da ultimo Paolo parla dell'apparizione di cui lui stesso è stato testimone, unico tra i nemici di Gesù che lo abbia visto e sentito risorto. Questa esperienza ha convertito il suo cuore. La sua testimonianza ha ancora più valore perché Paolo è stato un persecutore della prima Chiesa e lontanissimo ad ammettere la risurrezione di Gesù.
Paolo però si rende conto che la risurrezione non può essere dimostrata mediante prove inoppugnabili: è una manifestazione di Dio per coloro che egli ha scelto. Se si vuole tuttavia riscoprire un senso e il segno della risurrezione, bisogna verificare il comportamento di coloro che credono. I discepoli avevano perso ogni speranza, si erano scandalizzati, erano fuggiti ed ora affermano che Gesù è vivo. Essi affrontano sofferenze e persecuzioni, nonostante la loro ignoranza (non hanno frequentato scuole particolari), difendono la risurrezione, così assurda allo stesso buon senso, sostengono le conseguenze nella loro ricerca religiosa e nel loro cammino, utilizzano proprio la Scrittura come garanzia della verità di Gesù rispetto ai teologi ed ai sacerdoti.
Paolo incoraggia a fare lo stesso cammino degli apostoli, ad aprire le Scritture, ad ascoltare la Parola di Dio che viene proclamata nelle comunità cristiane ed invita ad aprire il cuore allo Spirito. In tal modo anche noi scopriremmo la pienezza della risurrezione come un dono di gloria che Gesù farà a tutti coloro che lo hanno seguito.
Come possiamo dare speranza a tutti noi in un tempo di fatiche e di maggiore povertà, quando cadono molte illusioni e si scoprono molte insicurezze e molte incertezze sul futuro? La risurrezione potrebbe arricchirci di speranza e sprigionare novità, creatività, solidarietà, incoraggiamento comune, superando le paure e gli egoismi. Potrebbe essere possibile nella Comunità cristiana?
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 15,26 - 16,4
Giovanni ci vuole comunicare le riflessioni, i pensieri e le preoccupazioni che Gesù ha espresso nelle ultime ore della sua vita con i suoi discepoli, consapevole che stava offrendo loro come un testamento che continueranno a ricordare. Gesù sa che vi faranno riferimento per ogni situazione difficile, o pericolosa, o misteriosa che avesse avuto bisogno di un suo significato. Già ora si profilano all'orizzonte le angosce di una comunità che si sconvolgerà e che, di fatto, non riuscirà a reggere l'impatto drammatico della morte di Gesù. Mentre Gesù li avverte, che li aspetta una drammatica esperienza (e più avanti la persecuzione), dà loro la consapevolezza che stanno percorrendo la stessa strada di Gesù e la certezza di dover sopportare il rifiuto come il Maestro: "Il mondo di oggi, sappiatelo, ha odiato me prima di voi... sarete perseguitati anche se onesti e buoni" (Giovanni 15 18-21). Gesù vuole allora rincuorare i suoi discepoli, garantendo che invierà il Consolatore, lo Spirito di verità. (v 26; in greco "il Paràclito", ricordato con tale nome particolarmente nel Vangelo di Giovanni. Può essere tradotto come: "aiuto, consigliere, difensore, avvocato, protettore, intercessore".
Gesù li ha custoditi (17,12): "Quando ero con loro io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato e li ho conservati". Gesù aggiunge la presenza e le garanzie dello Spirito che veglia su di loro fino alla fine dei tempi. Questo Spirito "vi guiderà a tutta la verità" (16,13).
Poiché molta parte del mondo è sotto il dominio di Satana, padre della menzogna "(8,44: Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità perché in lui non c'è verità"), Gesù sa che sta, insieme, svelando e garantendo la sua presenza. Il dono dello Spirito ne sarà garanzia, Ma i suoi debbono avere il coraggio di non scandalizzarsi, nel tempo, perché non troveranno consensi, ma saranno cacciati dalle sinagoghe. Se vorranno verificare il valore di ciò che credono, non debbono immaginare di essere portati in trionfo. Anzi!
L'innesto nella pienezza di Dio viene comunicata con una ricchissima formula trinitaria: "Gesù, il Verbo di Dio, che era presso il Padre, da Lui è venuto e a Lui torna. Ma manderà dal Padre lo Spirito. "Egli procede dal Padre e rende testimonianza di me" (v26).
Gesù, svelando la ricchezza del Dio trinitario, chiede di aprire gli occhi su due aspetti fondamentali di Dio: l'accoglienza e la salvezza. Nella Paternità Dio non si manifesta geloso del Figlio, ma lo offre come il suo dono totale a tutti gli uomini dispersi e disorientati nel male. E l'accoglienza lo porta alla condivisione, al perdono (al perdono perché non sanno, non capiscono, non si rendono conto).
L'accoglienza del Padre si gioca nella non violenza, nella presenza e nell'amore gratuito, nell'arricchire ogni uomo di speranza e di desiderio, di attesa e di sogni, di desiderio di felicità e di infinito. E Gesù, unico testimone di questo mistero svelato, sa parlare di figli, di amicizia, di singolarità di ciascuno, di condivisione e familiarità, di un'amicizia stretta. Il ritorno al Padre ha chiuso il cerchio delle perplessità o delle esclusioni.
Nessuno è rifiutato, a meno che non lo voglia direttamente. Ma quanto un uomo può rendersi conto del significato di un rifiuto? E qui non possiamo dire nulla, salvo il tremare per la possibilità di poter dire no a Dio. Ma poi non sappiamo come l'accoglienza del Padre continui a circondare di amore colui che si rifiuta. Nel frattempo, anche di fronte alle tragedie e ai massacri più orrendi di ogni guerra, tra noi uomini e donne continua la garanzia dello Spirito che accompagna lo sviluppo dell'umanità.
Tutto questo, dice Gesù, si svilupperà stanotte. A voi sembrerà la fine e invece sarà l'apertura del mistero che si allarga: con le parole di Gesù, con il suo amore disarmato, con le testimonianze dei fratelli e delle sorelle fino ai confini del mondo e del tempo.
E il senso della verità tutta intera? E' il dono dello Spirito. Non solo e non tanto la garanzia del Credo, ma, molto di più: è il dono di Dio in noi e quindi della ricerca di senso, il valore di ogni persona come è presente agli occhi di Dio, il significato delle scelte, il coraggio delle alleanze, l'alleanza tra sconosciuti che costruiscono con entusiasmo una casa per l'umanità.

 

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