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TESTO Le "buone opere" della missione

padre Romeo Ballan  

V Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (06/02/2011)

Vangelo: Mt 5,13-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.

Riflessioni

È un principio universale di pedagogia che "le parole volano e gli esempi trascinano"; che "un fatto vale più di mille parole". Gesù lo conferma nel suo programma, annunciato nelle Beatitudini (vedi domenica precedente) e in tutto il discorso della montagna. Da buon pedagogo e da predicatore concreto ed efficace, Gesù lo spiega prendendo gli esempi quotidiani del sale e della luce (Vangelo), Il sale dà sapore ai cibi, cauterizza ferite, conserva alimenti; ma se perde forza e sapore (cioè la sua identità), non serve più a nulla e viene gettato via; il sale insipido è un controsenso (v. 13). Lo stesso vale per la luce: è fatta per illuminare le persone, la casa, il cammino, le cose... La lampada, il candelabro, la città posta sul monte (v. 14-15) sono altre immagini che chiariscono il messaggio di Gesù: la luce è fatta per brillare; una luce tappata o nascosta non serve a nessuno. Il sale e la luce, per loro natura, tendono ad espandersi e irradiare la loro presenza; comportano quindi un'idea di universalità.

Gesù applica queste immagini, tratte dall'uso giornaliero, alle "opere buone" (in greco, le opere belle) dei suoi seguaci, i quali, immersi nel mondo, sono chiamati a dare e a conservare il gusto e il sapore del Vangelo alle realtà della vita di ogni giorno; ad essere punti di riferimento per chi vaga nell'oscurità, sbandato, in cerca del cammino. Naturalmente, ci avverte Gesù, la motivazione e lo scopo delle opere buone non è la vanità compiaciuta del discepolo, ma la gloria del Padre (v. 16). La luce è Gesù stesso, "luce per rivelarti alle genti" (Lc 2,32; LG 1). Ma la luce di Cristo non brilla nel mondo se i discepoli non sono essi stessi luce. Il discepolo ha-ed-è luce solo se segue Lui (Gv 8,12: canto al Vangelo). Gesù ha stima e si fida dei discepoli, affida loro la missione di essere sale e luce: senza di essi la terra sarebbe senza sapore né gusto, il mondo sarebbe nelle tenebre; la vita umana sarebbe insipida, oscura, senza senso. Gesù chiede ai suoi seguaci di condividere il dono più prezioso che hanno: la loro speranza, capace di dare sapore alla vita e un po' di luce a chi vive la notte della prova.

Commentando l'immagine del candelabro, S. Giovanni Crisostomo diceva: "Non ti chiedo di abbandonare la città o che tu rompa le tue relazioni sociali. No, rimani in città: è qui che devi esercitare la virtù... Ne deriverebbe un bene considerevole". È un messaggio tutto missionario, valido per ogni situazione di evangelizzazione: si tratta del valore della testimonianza di vita, (*) che, secondo il Concilio (cf AG 11-12), è "la prima forma di evangelizzazione" (RMi 42), come ricorda Giovanni Paolo II presentando le vie della missione. (**)

In molti casi la testimonianza è l'unico modo possibile di essere missionari, soprattutto nei contesti di minoranza cristiana e di persecuzione; a volte è possibile soltanto essere chicco di grano che cade in terra e muore nel solco; il frutto verrà, più tardi (cf Gv 12,24). Negli anni '60, che furono particolarmente difficili per la Chiesa in Sudan (espulsioni, restrizioni, carcere...), ai missionari che si chiedevano cosa fare, la Congregazione di Propaganda Fide rispose a nome del Papa con un messaggio riassunto in "tre P": presenza, pazienza, preghiera. Se aggiungiamo anche povertà, abbiamo la sintesi completa della testimonianza. Quando questa arriva fino al martirio, la luce dell'amore e del perdono brilla più luminosa, arricchita dalla forza dell'intercessione.

La I lettura indica ben due volte quali sono le "opere buone" gradite al cuore di Dio: saziare l'affamato, vestire l'ignudo, introdurre in casa i miseri, senza tetto, togliere di mezzo l'oppressione... (v. 7.9). Le opere di misericordia hanno il loro linguaggio, fanno brillare la luce in mezzo alle tenebre (v. 8.10); curano le nostre ferite (v. 8); saranno il test per il giudizio finale (Mt 25). Queste opere - unitamente all'impegno per la pace, la giustizia, i diritti dell'uomo, la promozione umana - da sempre accompagnano, con la loro tipica eloquenza, la missione della Chiesa. Ma ad una condizione: l'amore è e resta il movente della missione; cioè, la gratuità, senza mire proselitistiche o altri interessi (cf RMi 42.60). La stessa preghiera, la lode orante e il culto sono graditi a Dio solo se vanno uniti alla testimonianza della carità e dell'apostolato. (cf SC 15). Le conversioni e i battesimi verranno in seguito, come doni dello Spirito, quando Lui vorrà.

L'attività missionaria, ci insegna Paolo (II lettura), in quanto testimonianza del mistero di Dio e annuncio di Cristo crocifisso (v. 1.2), si realizza con persone deboli e con mezzi fragili, "nella debolezza e con molto timore e trepidazione" (v. 3), contando, però, "sulla manifestazione dello Spirito" (v. 4), affinché la fede dei nuovi credenti non sia "fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio" (v. 5). Siamo davanti a una pagina di grande intensità missionaria.


Parola del Papa

(*) "L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni".
Paolo VI
Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi (1975) n. 41

(**) "La prima forma di testimonianza è la vita stessa del missionario, della famiglia cristiana e della comunità ecclesiale, che rende visibile un modo nuovo di comportarsi".
Giovanni Paolo II

Enciclica Redemptoris Missio (1990) n. 42

Sui passi dei Missionari

- 6/2: S. Paolo Miki, sacerdote gesuita giapponese, e 25 compagni (gesuiti, francescani e laici), martirizzati-crocifissi a Nagasaki (Giappone) il 5.2.1597.

- 6/2: S. Matteo Correa Magallanes (1866-1927), sacerdote messicano, martirizzato perché si rifiutò di rivelare il segreto della confessione.

- 8/2: S. Giuseppina Bakhita, religiosa canossiana (Darfur-Sudan 1869-1947 a Schio, Vicenza).

- 9/2: S. Michele Febres Cordero (1854-1910), ecuadoriano, dei Fratelli delle Scuole Cristiane.

- 10/2: B. Luigi Stepinac (1898-1960), arcivescovo di Zagabria (Croazia), difensore della fede, libertà religiosa e dignità umana sotto il regime comunista in Iugoslavia.

- 10/2: Memoria della morte del Papa Pio XI (Achille Ratti, +1939), che diede un grande impulso all'attività missionaria, con numerose iniziative e importanti documenti.

- 11/2: Madonna di Lourdes (apparizioni nel 1858). - XIX Giornata Mondiale del Malato, con il tema: "Dalle sue piaghe siete stati guariti" (1Pt 2,24).

- 11/2: Anniversario della creazione dello Stato della Città del Vaticano (1929).

- 12/2: S. Saturnino, sacerdote, e 48 laici nordafricani martiri (+304, ad Abitine, Cartagine), che dichiararono davanti al proconsole romano: "Senza la domenica non possiamo vivere".

 

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