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TESTO Contro ogni ipocrisia

don Alberto Brignoli  

II Domenica di Avvento (Anno A) (05/12/2010)

Vangelo: Mt 3,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea 2dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».

3Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

4E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico.

5Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui 6e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

7Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? 8Fate dunque un frutto degno della conversione, 9e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. 10Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. 11Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 12Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

Adesso si comincia a fare sul serio. Almeno, a giudicare dalle parole di Giovanni il Battista, il quale usa termini certamente poco "morbidi" con chi accorre a lui per farsi battezzare e intraprendere un cammino di conversione in vista di un Regno dei Cieli oramai imminente. È anche vero che Giovanni non apostrofa tutti i suoi avventori nella forma in cui lo ascoltiamo nel vangelo di oggi. Se la prende con una determinata categoria, con quella "razza di vipere" che sono i farisei e i sadducei, notoriamente settari ed esclusivisti nel loro modo di interpretare e di vivere la fede nel Dio di Abramo. Su di essi, quindi, si starebbe per abbattere, secondo le parole di Giovanni il Battista, "l'ira imminente" del giorno del giudizio divino di cui abbiamo sentito parlare non molte domeniche fa', quasi verso la conclusione dell'anno liturgico, e in parte pure nel vangelo di domenica scorsa, inaugurando il tempo di Avvento.

Ma per quale motivo Giovanni è così duro nei confronti di quei farisei e di quei sadducei che si erano messi in fila come tutti gli altri semplici ed umili israeliti per ricevere un battesimo di purificazione, previa confessione dei loro peccati? Forse Giovanni li conosceva bene, e aveva compreso che il loro era solo un tentativo di sottrarsi appunto a quel giudizio imminente e tassativo che Dio avrebbe certamente gettato sul loro operato. Un po' troppa ipocrisia, quindi, da parte loro in quel frangente.

E cos'è questo "operato" così poco accetto a Dio, al punto da non essere pienamente meritevoli di entrare in un cammino di conversione come quello proposto da Giovanni?

Quando il Battista li rimprovera per questo presunto atteggiamento di ipocrisia, ciò che egli non condivide è questa loro intenzione di sottrarsi al giorno del giudizio ma senza un profondo desiderio di conversione (li ritiene incapaci di produrre "frutti degni della conversione"). E ciò è avvalorato dal fatto che essi senza mezzi termini si trincerano dietro la loro appartenenza alla stirpe di Abramo come se ciò fosse sufficiente a salvarli ("Abbiamo Dio per padre!"): per cui, qualsiasi altro gesto di conversione - formale o meno che sia, come quello di fare un rito di purificazione nel fiume Giordano - è vissuto con leggerezza, con la "sufficienza" di chi vive gesti penitenziali o cultuali solo per farsi notare dalla gente (come più volte anche Gesù dirà loro nel Vangelo) o, peggio ancora, per ribadire ancora una volta la loro "superiorità", il loro sentirsi "molto di più" dei loro concittadini e fratelli nella fede.

Ma Giovanni è tassativo, e di certo non ha le fattezze misericordiose del suo cugino di Nazareth: per lui, Dio è una "scure posta alla radice degli alberi", è un contadino che "ripulisce la sua aia con la pala", è "un fuoco inestinguibile" che brucia la paglia avanzata dalla ripulitura del grano. Dio non sa che farsene degli ipocriti che fanno gesti di fede solo per farsi vedere o per sentirsi ancora una volta migliori degli altri perché "stirpe eletta di Abramo". Dio è molto più potente di loro: talmente potente da poter "suscitare figli di Abramo dalle pietre".

Sembra di sentire i discorsi di Gesù sul tempio rivolti proprio ai farisei e ai dottori della Legge: è inutile trincerarsi dietro la fedeltà e l'assiduità al tempio come segni di santità e di perfezione. Un tempio frequentato solo per formalità è un luogo fatto di pietre, una sopra l'altra, che a questo punto possono essere considerate esse stesse "stirpe di Abramo" e figlie d'Israele. "Appartenere al tempio" significa ben altro che la fedeltà ad una costruzione fatta da mani d'uomo: significa dimostrare che Dio alberga nel nostro cuore e agisce in noi attraverso opere di misericordia e di riconciliazione tra gli uomini. L'esatto contrario della "separazione" (il termine "fariseo" indica proprio questo) che essi mettono in atto tra sé e il resto d'Israele solo perché "devoti al Tempio e alla sua Legge".

E questo concetto lo si comprende ancora meglio alla luce delle due letture (la prima del profeta Isaia, la seconda di Paolo) che accompagnano questo brano di Vangelo. L'intervento di Dio nelle vicende degli umani è volto principalmente a creare relazioni fraterne, a ristabilire un ordine naturale basato sull'armonia e sulla fraternità come conseguenza di gesti di riconciliazione tra coloro che la storia porta spesso a mettere in contrapposizione.

Isaia illustra questa "armonia ritrovata" dal sapore paradisiaco attraverso un ristabilimento delle relazioni cosmiche e naturali (simboleggiate da animali tra di loro perennemente in conflitto che ora invece convivono pacificamente), auspicando che questo possa trovare una concretizzazione a livello storico e politico nel ritorno ad una classe dirigente d'Israele che ricuperi lo spirito del servo di Dio, Davide (il "virgulto della radice di Iesse").

Paolo, invece, vede nel discendente di Davide, Gesù Cristo, colui che viene a rompere quel muro di inimicizia che spesso gli uomini frappongono tra di loro; a volte, pur appartenendo alla stessa fede cristiana, così come ai suoi tempi avveniva tra "circoncisi" e "non circoncisi", cioè tra coloro che erano giunti ad abbracciare il cristianesimo dall'ebraismo e coloro che invece vi avevano aderito provenienti da altri culti o dal paganesimo ateo. Che i cristiani ebrei giungano alla fede attraverso la comprensione del compimento delle promesse di Dio, e che i cristiani non ebrei vi giungano perché hanno sperimentato su di sé la misericordia di Dio, poco conta: ciò che conta è sentirsi famiglia di Dio, unita nella fede, senza più quelle divisioni o quelle distinzioni di classe che portano alcuni a sentirsi superiori agli altri.

Sono testi, quelli di oggi, forse più adatti a un cammino di conversione come quello della Quaresima, che al tempo di Avvento. In realtà, il sapore "messianico" di attesa di un Salvatore che riconcilia è molto più carico di speranza che di penitenza, e quindi molto più "da Avvento" che "da Quaresima". A condizione che sappiamo poi compiere dei gesti concreti e veri di giustizia e di riconciliazione tra gli uomini come segno evidente, manifesto, della presenza del Salvatore nella nostra storia.

Altrimenti, è perfettamente inutile dirsi "stirpe di Abramo"; altrimenti, è perfettamente inutile mettersi in fila per compiere un gesto formale di purificazione che lascerebbe il tempo che trova.

In definitiva, col suo metodo brusco da "uomo del deserto", Giovanni ci vuole solamente insegnare una cosa: vuoi sentirti e dirti davvero Figlio di Dio? Fai pure gesti "liturgici" di appartenenza e di purificazione, ma innanzitutto purifica il tuo cuore da tutto ciò che ti impedisce di riconciliarti con i tuoi fratelli e di accoglierli anch'essi come figli dello stesso Padre.

 

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