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TESTO Un piccolo gregge destinato al Regno

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (08/08/2010)

Vangelo: Lc 12,32-48 (forma breve: Lc 12,35-40) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,32-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.

33Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

41Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? 43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. 44Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.

47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Forma breve (Lc 12,35-40):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

"Dal profondo del nostro essere desideriamo, in tutta semplicità, la gioia. Non so che cosa l'universo e le sue innumerevoli galassie, le sue stelle e i suoi pianeti potrebbero esprimere di più importante di questo desiderio. E' evidente che noi che viviamo su questa terra siamo posti di fronte al dovere di costruire, per noi stessi, un'esistenza felice; perciò è importante scoprire che cosa determina il grado più elevato di felicità"; questo è un pensiero di Tenzin Gyatso, che conosciamo come il XIV Dalai Lama, un grande spirito religioso che, interrogandosi sul senso della vita, si chiede cosa sia felicità, in che cosa consista la gioia alla quale ogni essere umano aspira, così come si respira l'aria che consente di vivere.

Dunque la felicità è il nostro desiderio fondamentale e il nostro destino ultimo, quello che, incessantemente, anche se non sempre correttamente, cerchiamo di realizzare, di raggiungere, già ora nel tempo.
Ma di quale felicità parliamo?

Il Vangelo di questa domenica ci dà un'indicazione preziosa: "fatevi borse che non invecchiano: un tesoro inesauribile nei cieli...", sono queste le parole stesse di Gesù, l'unico maestro che ci possa guidare con sicurezza nella vita, l'unico amico che non inganni perché lui è il nostro Redentore, il nostro Dio che veramente ci ama.

La scorsa domenica, sempre dalla bocca di Gesù, abbiamo ascoltato la parabola di quel ricco proprietario che aveva riposto tutta la sua felicità nell'avere; possedere sempre di più, era lo scopo principale della sua vita, la cui sicurezza sembrava dipendere dalla ricchezza: quei granai colmi all'inverosimile, che avrebbero dovuto garantire un futuro senza problemi; ma quel progetto, come abbiamo visto, era insidiato dalla morte, la terribile "tignola" che consuma ogni bene della terra.

Non esiste, dunque un progetto di vita che possa dare sicurezza e gioia? Ma veramente l'uomo è destinato a passare di affanno in affanno, per tutta la vita, senza mai trovar riposo e appagamento totale?

Il Vangelo ci dice che se i progetti umani sono precari e fallibili, al di sopra di essi c'è il progetto di Dio, che è progetto del Padre per i suoi figli ai quali è destinato il dono inestimabile della salvezza, quel "regno" che non è fatto di beni economici né di potere, ma è lo stesso Figlio che prende carne umana per vivere ed operare tra gli uomini e condurli alla comunione piena e definitiva col Padre.

Gesù dice ai discepoli: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno..."; a quei pochi, pavidi pescatori di Galilea il Figlio di Dio rivela quale sia il vero destino dell'uomo, quale dono venga a lui dall'Alto: Dio stesso che si fa uomo, Dio che si fa meta del vivere umano: un progetto che non può fallire, né teme insidie, perché fondato sulla potenza dell'Altissimo, sull'amore infinito del Padre.

A quel piccolo gregge Cristo affidò il prezioso annuncio della salvezza, affidò l'evangelizzazione di tutti gli uomini di tutti i tempi perché si formasse un solo gregge con un solo pastore.

Gesù si rivolge ad un gregge piccolo ma illuminato e sostenuto dallo Spirito, un piccolo gregge che ha popolato la terra, un piccolo gregge inerme ma ricco della grazia della fede, che ha trasformato la Storia con l'annuncio della presenza operante del Salvatore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, morto e risorto perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita e la felicità in eterno.

Su questo progetto, che non nasce dalla mente dell'uomo ma dal cuore di Dio, si fonda la nostra felicità che non teme l'usura del tempo, l'insidia dei ladri e, tanto meno, l'inesorabiltà della morte, quella tremenda scadenza che il Cristo ha vinto per sempre.

" Non temere, piccolo gregge..."; e perché temere, dal momento che sulle vicende dell'uomo c'è Dio stesso che veglia?

Ci ricorda oggi il salmista: "Ecco, l'occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame. Così, l'anima nostra attende il Signore, egli è nostro aiuto e nostro scudo..." (Sl 32).

Quel piccolo gregge di cui il Vangelo ci parla oggi siamo noi, noi battezzati in Cristo, noi suoi discepoli e suoi testimoni; noi che abbiamo accolto il dono di Dio e ai quali ancora il Maestro dice: "Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignuola non consuma. Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore"; un invito forte, questo che il Signore Gesù rivolge a chi vuol seguire i suoi pass, e vuol fare di Lui la via che conduce alla felicità e alla vita.

L'invito del Figlio di Dio è un invito alla felicità fondata sull'amore vero, l'amore operoso che non tiene per sè ciò che ha ma lo divide con chi ha di meno o non ha assolutamente nulla; ed è questa la carità, la vera ricchezza, che ci rende somiglianti al nostro Salvatore, l'unica vera ricchezza che non teme usura e non viene meno. E' in questa direzione che bisogna orientare il proprio cuore: «Dove è il vostro tesoro ivi è pure il vostro cuore» ci insegna il Cristo; il nostro cuore colmo di desideri, spesso piccoli e vani, è capace di dilatarsi all'infinito se si apre al desiderio di Dio e del Figlio Gesù che ci ha redenti e che tornerà, un giorno, per accoglierci definitivamente nella gioia.

Ed ecco l'appello all'attesa e alla vigilanza, atteggiamenti propri di chi non si accontenta dei beni e delle gioie immediate, ma aspira e desidera beni di gran lunga superiori: "Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli".

In queste parole è contenuto il significato profondo di ogni esistenza umana, il cui destino è realizzare un rapporto di comunione e di amore sponsale col suo Dio e Padre e col Figlio Gesù Cristo che si è fatto dono per noi, dono nell'amore redentivo, dono nel servizio di carità, dono nel pane eucaristico che ci conforta e ci sostiene nel cammino e nell'attesa del compimento finale.

"Non temere, piccolo gregge...", gregge amato e destinato ad entrare, anzi, a possedere quel regno che non avrà fine, un regno di amore, di giustizia e di pace, per il quale ci impegniamo già ora, nel tempo, e che al ritorno del Cristo raggiungerà la sua pienezza; è questa la nostra fede nella quale viviamo, nella quale speriamo e che testimoniamo ogni giorno nella nostra vita.

sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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