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TESTO Commento su At 1,11

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

Ascensione del Signore (Anno B) (24/05/2009)

Brano biblico: At 1,11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 16,15-20

15E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.

20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Dalla Parola del giorno

”Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”

Come vivere questa Parola?

Il libro degli Atti si apre con il racconto dell’ascensione di Gesù: un evento che segna il passaggio dal Cristo storico al Cristo mistico. Gesù ha concluso la sua esistenza terrena portando a compimento l’opera che il Padre gli aveva affidato. Ora passa le consegne alla sua Chiesa, il suo corpo mistico appunto, che dovrà essere suo testimone fino ai confini della terra.

La tentazione di ieri e di oggi è quella di restarsene in passiva attesa del suo ritorno, con lo sguardo fisso in un cielo lontano e astratto, in cui rifugiarsi nei momenti problematici della vita.

Tutto sommato, si finisce col non attendere più nulla e nessuno. Ed è normale che sia così.

Anche a livello semplicemente umano, l’attesa si coniuga con la vigilanza operosa. Ci si impegna a preparare l’incontro e in questa tensione quasi lo si anticipa, pregustandolo.

Un’attesa vuota, inerte, è semplicemente la negazione di se stessa. È da questo rischio che veniamo messi in guardia!

L’Ascensione non è un evento conclusivo. L’ultima parola non è ‘se ne è andato’, ma ‘tornerà’. L’attenzione viene allora sollecitata a portarsi sul tempo intermedio, quello affidato alla nostra responsabile testimonianza. E proprio nell’impegno di testimoniarlo si sperimenta la sua presenza, si scopre che non solo è venuto e verrà, ma che viene, oggi, nel mio oggi, e lo colma di sé, della sua gioia. La testimonianza diviene allora indicazione di una presenza sperimentata, amata, e perciò comunicata.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi guarderò dal rischio di relegare Gesù in un cielo astratto. Ne cercherò le impronte nel mio quotidiano e ne gioirò.

Vieni, Signore Gesù! Vieni nel mio oggi e illuminalo con la tua presenza, perché la mia vita possa parlare di te a quanti mi incontrano.

La voce di un martire

Può darsi che domani spunti l’alba dell’ultimo giorno: allora, e non prima, noi interromperemo volentieri il nostro lavoro per un futuro migliore.
Dietrich Bonhoeffer

 

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