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TESTO Il motore di ogni movimento

Marco Pedron  

VI Domenica di Pasqua (Anno B) (17/05/2009)

Vangelo: Gv 15,9-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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9Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

Questo vangelo è la continuazione di quello di domenica scorsa. L’esperienza degli apostoli dopo la morte di Gesù fu quella di sentirsi terribilmente amati, accolti, voluti, accettati. E questa fu la loro forza. Quest’amore che percepivano era il motore della loro vita. Sperimentarono cioè qualcosa di nuovo, di unico, di divino. Nelle parole del vangelo di Gesù viene descritta quest’esperienza.

Gesù parla dell’amore e dice: “Io vi amo così perché l’ho sperimentato anch’io così”, “Come il Padre ha amato me, così’ anch’io amo voi” (15,9).

“Il mio comandamento è questo (15,12): amatevi gli uni gli altri“ (15,17) così, in questa maniera. Ma non è un comando perché non ve lo posso imporre, è una possibilità che avete. Amarsi così “da gioia, una gioia piena” (15,11), infinita, enorme: vi sentirete vivi e pieni nel cuore.

“I miei amici sono quelli che fanno così” (15,14). I servi sono quelli che obbediscono, che amano per paura, che ti danno per avere; sono quelli che si sentono inferiori e cercano di meritarsi l’amore, la stima, il riconoscimento (15,15). Ma io non voglio quest’amore. I miei amici sanno che non si devono meritare niente perché io li amo al di là di ogni cosa. I miei amici non pretendono niente dagli altri: amano, cercando di non accampare diritti o pretese.

“Io vi ho scelti”, io ho deciso di amarvi così, al di là dei vostri meriti e dei vostri limiti, al di là se mi accoglierete o no. E se voi accetterete il mio amore gratuito “porterete frutto, molto frutto e il vostro frutto rimarrà” (15,16).

Ma, come amava Gesù? Cosa voleva dire per Gesù far vivere l’amore e la vita?

1. L’amore di Gesù era umano: anche lui soffriva, anche lui era vulnerabile.

Gesù si sentì tradito da Giuda e gli disse: “Quello che devi fare, fallo al più presto” (Gv 13,27). In queste parole c’è tutta l’amarezza di chi si sente pugnalato alle spalle. Perché è tremendo dare la fiducia, fidarsi di qualcuno e venire pugnalati alle spalle: “Non me lo sarei mai aspettato!”.

Sei sposato e ti fidi del tuo partner. Ma un giorno scopri che lui (o lei) da due anni ha una relazione continuativa con un’altra donna. Ma come vuoi sentirti? Come puoi non sentirti tradito? Puoi sorridere? Puoi solo dirti: “Mi infastidisce”? O non senti una rabbia furente, distruttiva? Non ti senti ferito mortalmente?

Ci sei tu e tuo fratello più grande. Tuo padre divide la sua eredità e lascia tutto a tuo fratello più grande. Non ti senti tradito da tuo padre? Anche se a te i soldi non ti interessano, è o non è un tradimento?

Eri bambino, ti fidavi di tuo padre, e gli volevi un bene dall’anima. Ma lui un giorno se ne va di casa e non torna più. Ma come puoi non sentirti tradito? Come puoi pensare che non sia così grave!

Ricordo una volta che andai a confessarmi. Parlai al sacerdote delle cose più mie, e facevo una fatica enorme a dirgliele. Dopo cinque minuti, lui mi interrompe e mi dice: “Va beh, dai, dì un’Ave Maria e va ben così!”. Mi sentii così tradito! Era come se non gli importasse niente di me.

Gesù si sentì usato da Giacomo e Giovanni che gli chiedevano un posto di potere e rispose loro: “Voi non sapete quello che chiedete” (Mc 10,38). “Ma come? Io vi parlo di Dio, della vita, della verità e voi mi chiedete interessi, posizioni, gloria?”. Come fa uno sentirsi amato quando gli amici gli chiedono sempre e solo cose.

Quando il capo ti parla solo per dirti: “Hai pagato la bolletta? Sei andato in banca? Hai chiamato il fornitore? Sbrigati! Devi fare questa cosa e la devi fare subito! Non perdere tempo! Più flessibilità!”, allora come puoi non sentirti un oggetto, usato e senza valore?

C’è una storiella che dice così. C’è un posto di lavoro ambito. Vengono esaminate delle persone. Al primo viene detto: “Quanto fa due più due?”. “Quattro!”. “Ci dispiace, questo posto non è per lei”. Al secondo: “Due più due”, “quattro”. “Ci dispiace, questo posto non è per lei”. Al terzo: “quanto fa due più due?”. “Quello che vuole lei”. E fu assunto.

Gesù fu risentito (Mc 10,14: indignato perché i discepoli non volevano che i bambini si avvicinassero a lui) per il falso zelo dei discepoli. “Voi mi seguite, mi sorridete, mi fate le belle facce, ma dentro avete dell’altro, dentro non provate ciò che dite e ciò che mi fate vedere”. Quando le persone ti mostrano una cosa, magari fanno finta di essere con te, dalla tua parte, e, invece, dentro hanno tutto il contrario, ti senti preso in giro. La falsità è odiosa.

Questa gente che viene in chiesa, prega, canta e sembra più pia di Padre Pio, e che poi non sa far altro che giudicare, che osservare, che malignare, che insinuare, che distruggere tutto, non ti fa “veramente girare”?

Un giorno in classe avevamo deciso uno scherzo: dovevamo far scoppiare un petardo e poi alzarci tutti in piedi. Scoppia il petardo e si alza in piedi solo un nostro amico. Così lui fu portato in presidenza. Come si fa a non risentirsi? Si era d’accordo e noi lo abbiamo tradito.

Di fronte a quello che succede nel mondo del calcio, come si fa a non sentirsi indignati? Quando i finanzieri “rubano” sulle azioni della povera gente (cfr. Parmalat o il crack argentino), come si fa a non sentirsi indignati? Quando la verità viene manipolata così falsamente (situazione mediorientale), come si fa a non indignarsi?

Gesù provò odio (Lc 14,21) quando nella parabola dei commensali tutti si scusarono, accamparono nobili giustificazioni e non andarono al banchetto. Quando la gente te la racconta (e se la racconta) è odiosa, perché mente a se stessa. Gesù non sopportava questa falsità tipica dei farisei: tutti sorrisi, belle facce, belle parole, ma con il marcio dentro.

E nelle relazioni, dice Gesù, a volte bisogna odiare per staccarsi (Lc 14,25: “Se uno non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle...”).

Una donna è stata abusata da uno zio. Cosa potrà provare per quella persona?

Alcuni colleghi si sono coalizzati e hanno inventato una storia, falsa, ai danni di un altro collega, l’ultimo arrivato, che era più brillante, intraprendente e dotato di loro che da tanti anni erano lì; questa persona, per colpa loro, è stato licenziato. Come potrà sentirsi quell’uomo? Potrà non odiarli?

Gesù si sentì impotente e pianse alle porte di Gerusalemme (Lc 19,41): “Se avessi compreso anche tu la via della pace. Ma ormai è nascosta ai tuoi occhi”. Di fronte alla durezza, all’ostinazione di Gerusalemme, Gesù non può che arrendersi.

C’è una donna che sta male. Dentro ha tanta di quella rabbia e di quella sofferenza! “Fatti aiutare. Ti troviamo qualcuno con cui parlare. Non tenerti dentro tutto”. Non c’è stato niente da fare. Adesso è depressa ma ancora ostinata. Con persone così non puoi che essere impotente: per quanto le ami ti accorgi che non dipende da te la loro vita.

Gesù si sentì angosciato quando iniziò ad intuire a quale sofferenza sarebbe andato incontro (Mc 14,33: “Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia”). Ci sono dei momenti nella vita dove non si può che sentirsi persi, disperati e provare un’angoscia profonda, come se tutti i mostri che esistono si svegliassero e si rivoltassero contro di noi.

Tua moglie una mattina ti dice: “Io non ti amo più, io me ne vado”. Ma come vuoi sentirti? Ti fanno una diagnosi e ti dicono: “Lei ha un anno di vita”. Ma come vuoi sentirti? Il tuo capo, dopo trent’anni che lavori lì, un giorno ti dice: “Ti licenzio, non ci servi più”. Ma come vuoi sentirti?

Gesù pianse il distacco dalle persone care: quando l’amico Lazzaro morì (Gv 11,35.38) Gesù si commosse e pianse a dirotto. Come si può non piangere quando chi ami ti lascia?

Un anziano mi ha detto: “Sa, padre, quando i tuoi amici iniziano tutti ad andarsene e tu rimani sempre più solo, ti inizi a porre tante domande”. Come non si può essere tristi? Come non si può piangere quando finisce un’amicizia o muore qualcuno?

Ci sono persone che neppure si permettono di piangere, di soffrire, di star male. Ma com’è possibile?

Gesù provò la compassione e la commozione molte volte di fronte alle persone e alle situazioni (Mc 1,41; 6,34; 8,2; Mt 9,36; 20,34; Lc 7,13, 10,33, ecc).

Mia mamma diceva: “A te leva el core”. Di fronte a certi racconti, a certe storie così dolorose o difficili, come si fa a non provare niente, a non piangere, a rimanere insensibili? Solo se fossimo pietre!

Perché c’è ancora chi si vergogna di piangere? Perché c’è chi ancora crede che sia debolezza?

Gesù ebbe momenti di felicità piena, traboccante (Trasfiguazione), di amore intenso (unzione di Betania), di stupore (Mt 11,25-30) e di poesia (beatitudini).

Gesù urlò di gioia e liberò tutta la poesia e la forza che aveva dentro. Gesù non temette di sentire la forza e la bellezza della vita che fluiva in lui.

Alcune persone quando sono felici dicono: “Passerà!”. Ma godi adesso!

Altre: “Tanto, dura poco la felicità”. Ma assaporala, non temere d’essere felice, di farla vedere, di viverla.

Gesù provò tutto; Gesù ebbe il coraggio di dar spazio ad ogni sentimento. Lo visse (qualche volta lo agì, altre volte lo visse dentro di sé) e non se lo nascose. Perché ciò che vivo è vita, è ciò che sono; ciò che provo è degno della mia attenzione, del mio riconoscimento e di tutto il mio amore. E ogni volta che io mi nascondo un sentimento, oltre che mentirmi, mi taglio una parte di vita. Qualunque cosa io viva è mia, anche se non mi piace, anche se non vorrei che lo fosse. E se c’è parla di me, sono io che l’ho vissuta.

Nel cuore di Gesù c’era spazio per tutto. Gesù visse tutti i sentimenti, non rifiutò nulla.
C’è un meraviglioso dialogo tra un papà e il suo figlio.

“Sai cosa fa la terra d’inverno?”. “No, papà!”. “Prende la pioggia, è coperta di neve e si riposa in attesa”.

“Sai cosa fa la terra in primavera?”. “No”. “Prende il vento, il sole e diventa madre facendo vivere la natura”.

“Sai cosa fa la terra in estate?”. “No”. “Prende il sole, i temporali e diventa padre facendo fruttificare ogni cosa”.

“Sai cosa fa la terra in autunno?”. “No”. “Prende la nebbia, la pioggia, e si prepara a morire”.

“Sai perché la terra è sempre viva?”. “No”. “Perché non si sottrae a nulla e vive ogni cosa”.

Gesù non si sottrasse e visse ogni cosa, per questo. Per questo sulla croce potè dire: “Tutto è compiuto” (Gv 19,30).

Io non vorrei a volte provare certi sentimenti. Mi è difficile accettare che in certi giorni provo rabbia, odio, umiliazione, tristezza, angoscia, delusione. In fin dei conti, tutti noi abbiamo la maschera delle “brave persone” che certe cose non le provano, non le vivono, non le sentono... o vorrebbero che fosse così.

E così, perché ciò che abbiamo dentro non rompa la nostra bella immagine di noi, ci nascondiamo certi sentimenti, non li sentiamo, e così facendo ci sembra che non ci siano. Ma non ci accorgiamo che ci stiamo disumanizzando, che ci stiamo allontanando da noi e dalla nostra verità. Spesso vorremmo fare i divini senza sapere prima fare gli umani.

Quando chiedo alle persone: “Ma tu lo odi?”. “No, ma non scherzerà mica! Sono solo un po’ infastidito”. E, invece no, lo odi, gli spaccheresti la testa; il tuo sentimento è fortissimo, ma fortunatamente interviene la ragione a bloccarti!.

Quando qualcuno ci chiede: “Sei triste?”, e si vede lontano un miglio che lo siamo, a volte noi rispondiamo: “Un po’ solo, ma passerà”. Ma dov’è il problema a dire che si è tristi? Perché non ammettere che non siamo felici? Che forse abbiamo dei problemi o che siamo insoddisfatti?

Quando il figlioletto fa la recita di fine anno a qualche papà e mamma vien da piangere, da commuoversi, ma si trattengono: “Ma non aver paura ad essere felice. Vivi. Lascia che la vita ti abiti, non sopprimerla!”.

Spesso le persone dicono: “Padre a me basta avere la pace”. Ma in questa frase si intende quella vita senza vita, dove non ci sono scossoni, dove non si soffre, dove non ci si entusiasma troppo: una vita senza emozioni; praticamente una vita piatta, anestetizzata.

La vita scorre in me. Aver fiducia vuol dire lasciare che tutta la vita ci sia in me, che viva, che scorra.

Gesù amava in maniera umana, con il coinvolgimento pieno di sé, senza sottrarsi a nulla. Quando guardo a Gesù io vedo un uomo coinvolto, che entrava con tutto se stesso, con tutta la sua umanità, piangendo e ridendo, amando e soffrendo, stupendosi e rimanendo deluso, vincendo e perdendo. Per questo era un uomo vivo. Per questo chi gli passava vicino ne rimaneva contagiato.

Gesù era un uomo passionale. In lui vi era spazio per ogni sentimento e per questo vi era spazio per ogni uomo. Amare è come ascoltare una sinfonia, significa essere sensibili a tutti i suoni, avere un cuore che sente tutto. Gesù non parlava dell’amore, amava.

2. E poi l’amore di Gesù era libero.

Un giorno Gesù, deluso dal comportamento degli apostoli disse: “Volete andarvene anche voi?” (Gv 6,67). Ma li lasciò liberi. Non disse: “No, vi prego non fatelo! Come farò senza di voi!”. Non li colpevolizzò dicendo: “Con tutto quello che io ho fatto per voi, voi adesso ve ne andate?”; oppure: “Bella riconoscenza!”.

E’ difficile amare nella libertà. Vuol dire: ti stimo, ti riconosco, provo affetto, anche se non farai come dico io, come penso io; anche se te ne andrai.

Quando qualcuno ci critica noi non lo amiamo più e quando qualcuno ci fa dei complimenti gli vogliamo bene di più. Ma è amore o bisogno di approvazione? Siamo così liberi, se agiamo così? Se amiamo solo quelli che ci amano, come possiamo dire che sia amore? E’ interesse, vantaggio (Mt 5,46).

L’amore non è solo un sentimento, l’amore è il bene dell’altro.

Quando il figlio unico di una madre vedova decide di sposarsi e di andare ad abitare a trenta chilometri da lei, lei non può non soffrire. Ma amore è volere il suo bene.

Quando la mia fidanzata decide di troncare il rapporto perché sente che c’è una bella amicizia ma che non mi ama davvero, amarmi (e amarla) è lasciarla andare, anche se soffrirò moltissimo.

Quando il mio amico, con cui ho fatto tutte le scuole insieme e ho condiviso tutto, adesso sceglie di andare all’estero, amarlo sarà non fargliene una colpa, lasciarlo andare anche se è ovvio che mi farà male dentro.

L’amore non può vivere della dipendenza o dell’attaccamento (“Stai con me!; ti prego non andartene!; cosa farò senza di te?”): l’amore vive della libertà.

Gesù diceva a tutti: “Io ti amo ma tu sei libero. Io non voglio niente da te, neppure che tu sia mio discepolo. Io ti amo. Io sto con te. Io sto dalla tua parte. Io non ti abbandonerò”.

Una storia racconta che nel recinto di un pastore c’era un buco. Un giorno una pecora scappò attraverso il buco e lontana dal recinto incontrò il lupo che la uccise e se la mangiò. Il pastore si accorse del buco e sapete che cosa fece? Lo lasciò! I suoi amici gli dissero: “Ma così ne potrebbero uscire delle altre”. E il pastore: “Voglio che siano libere. Nessuna deve rimanere qui per dovere”.

3. E infine l’altra grande caratteristica dell’amore di Gesù era il suo amore incondizionato.

Il nostro amore è condizionato (d’altronde siamo umani!): “Io ti amo se tu mi parli; se tu non mi tradisci; se tu ci sei per me; se tu stai dalla mia parte o con me”.

Poi a volte ci sono delle condizioni che diventano delle prigioni: “Io ti amo ma tu devi fare la scuola che dico io; ti amo ma non devi guardare nessun’altra donna; ti amo ma guai a te se pensi diversamente da me; ti amo ma devi essere come me; ti amo ma mi devi dire sempre sì, ecc”.

Un amico dei nostri genitori viene a casa nostra. Noi abbiamo sei anni e dell’invitato non ci interessa più di tanto: ci interessa giocare, ovviamente. Così quando arriva quasi neppure lo salutiamo. Allora nostra madre ci dice: “Non ci si comporta così con un invitato”. “Scusami, mamma!”. “Chiedigli scusa!”. “Mi scusi”. E così abbiamo imparato che per essere amati bisogna compiacere gli adulti.

Ma Gesù non amava così. In croce dirà: “Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).

Gesù mi ama al di là di quello che faccio, al di là se lo accetto o lo rifiuto, al di là se sono bravo o cattivo, al di là se lo seguo o lo denigro, al di là di ogni cosa.

C’è un posto dove io so che posso sempre andare e lì sarò accolto: da Lui. Nella sua casa le porte sono sempre aperte: “Io sarò sempre con te; io non ti abbandonerò; io sono con te, oggi, domani e dopo domani, sempre”.

Gesù nel vangelo dice: “Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi” (15,16). Io ho deciso, voglio amarvi. Non dipende da voi il mio amore, è una mia scelta. Potete accettarlo o rifiutarlo, ma io vi amerò lo stesso. Non sarà mai in discussione il mio amore per voi!

Come posso aver ancor paura di Dio? Perché tento ancora di meritarmi qualcosa che ho già e che non mi può essere tolto? Perché ho ancora paura di vivere, se Lui mi ama così?

Un uomo vide una farfalla che lottava per uscire dal bozzolo. Agli occhi di chi guardava la nascita appariva penosa e lenta. L’uomo, allora, cominciò a soffiare il suo alito caldo sull’animaletto per aiutarlo a nascere. Così facendo, infatti, accelerò il processo e la farfalla nacque più in fretta. Ma le sue piccole ali rimasero atrofizzate.

Io guardo a Gesù e a come amava Lui e gli chiedo di imparare ad amare. L’amore si impara, è un cammino. E so che devo andare per gradi, per tappe; so che non posso accelerare il processo o pensare di amare incondizionatamente quando neppure riesco a dire a mia moglie o ai miei figli: “Ti voglio bene”, oppure quando non so esprimere i miei sentimenti o neppure li riconosco. E’ come il Giro d’Italia: non si può fare la seconda tappa se non hai fatto la prima.

La prima, allora: come Lui, dar voce a tutto ciò che c’è dentro di me, senza mentirmi, senza maschere, senza vergognarmi di ciò che ho dentro: tutto è degno di esserci se vive in me. Io sono io (e lo accetto).

Poi devo esercitarmi nell’amore libero. E so che mi vorrà molto esercizio. Ti amo e ti lascio libero. Non ho rivendicazioni. Io sono io e tu sei tu: io sono libero e tu anche.

E chissà che un giorno impari, almeno un po’, l’amore incondizionato: io per te ci sono e ci sarò sempre al di là di tutto.

Un’alcolista raccontò la sua esperienza. “Avevo tentato per anni di liberarmi dalla schiavitù dell’alcool. Tutti mi dicevano che dovevo cambiare, che così non si poteva andare avanti, che sarei finito male. E, in realtà, lo sapevo anch’io. E’ che non ci riuscivo, tutti mi emarginavano. C’era solo un mio amico che continuava a stare con me. Un giorno gli dissi: “Ma sei così sciocco da continuare ad amarmi? Guarda cosa faccio”. E lui rispose semplicemente: “Sì”. Da quel giorno decisi che non avrei più bevuto. E fu così. Per la prima volta in vita mi sentii amato senza nessun motivo o merito”

Quando andremo di là e si aprirà il grande libro dove è scritto tutto ciò che abbiamo fatto e tutto ciò che non abbiamo fatto e che avremmo dovuto fare, noi prenderemo paura perché lì c’è proprio scritto tutto. Ma Dio prenderà il libro e lo butterà via. E ci dirà solo: “Io ho voglia di stare con te. Ti va di venire?”. E senza meriti, senza nessun attestato di bravura, noi decideremo se entrare o no.

Pensiero della Settimana

Se non ci si paragona agli altri si diventa ciò che si è.

 

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