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TESTO Il comune denominatore

padre Gian Franco Scarpitta  

Giovedì Santo (Messa in Cena Domini) (17/04/2003)

Vangelo: Gv 13,1-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». 8Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

12Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.

Era una serata di festa per tutti quella nella quale Gesù stava consumando la cosiddetta Ultima Cena con i suoi. Intendiamo dire che il popolo degli Israeliti aveva motivo di letizia nel celebrare quella ricorrenza perché essa rammentava un importante e memorabile evento: quello della liberazione degli antenati dalla schiavitù e dall'oppressione da parte degli Egiziani. Tanto più perché quella liberazione non era stata affatto semplice, se ne ricordiamo anche noi tutti i particolari: nonostante ben nove piaghe il faraone non si era ancora convinto ad esaudire Mosè che chiedeva per il suo popolo di poter partire per il deserto dove avrebbero compiuto un sacrificio, ma con il proposito nascosto di poter poi fuggire verso la nuova Terra che sarà quella di Canaan (Es 7-10); sarà opportuna infatti una decima piaga, nella quale Dio farà morire ogni primogenito del popolo egiziano e il faraone si persuaderà (Es 12, 29-42). In quella circostanza il sangue entra in scena come elemento di salvezza per gli Israeliti: essi dovranno infatti uccidere un agnello e cospargere del suo sangue gli stipiti delle loro case, perché, passando di porta in porta e avando di mira i primogeniti d'Egitto, l'ira di Dio non si accanisca contro di loro.(Es 12,23). Grazie a quella chiazza di sangue, gli Israeliti si salveranno così come in un certo qual modo, secondo la Legge avevano garantita la salvezza nell'aspersione del sangue ai piedi dell'altare, secondo le modalità dei sacrifici di espiazione (Lv 4, 27-35). Il sangue è stato un elemento determinante per il popolo di Israele...

Ebbene, il sangue di Gesù lo è stato per tutta l'umanità; con il cruento sacrificio della croce, Egli versa il sangue quale prezzo del nostro riscatto dal peccato; nel suo sangue avverrà la nostra redenzione e la nostra salvezza e Lui stesso sarà l'Agnello immolato per la nostra liberazione dal peccato.

Ecco perché allora non si poteva gioire nella stanza al piano superiore della casa predisposta a Gerusalemme: certamente Gesù ben volentieri si accingeva a spasimare per l'umanità secondo la volontà del Padre, tuttavia collochiamoci nella sua situazione: tutto ciò avrebbe comportato la sofferenza atroce delle sue membra e intanto anche l'insulto e la frustrazione, l'abbandono da parte dei discepoli, la solitdine di fronte agli aguzzini e... l'impero delle tenebre che imperversava nel cuore di Giuda il traditore.

Tuttavia ciò non impedisce al nostro Salvatore di portare a compimento tale disegno benefico per l'umanità, ma prima di consegnare se stesso ai catturatori vuole garantire una maniera del tutto singolare per essere presente in tutti i tempi e in tutte le epoche e culture della storia, la quale ancora oggi, nonostante tutto sfida i costumi e le ideologie fallaci e rimane intatta nonostante l'imperversare di strane dottrine e di fallaci illusioni: "Prendete... questo è il mio Corpo. Prendete... questo è il mio sangue offerto in sacrificio per voi... Fate questo in memoria di me." Con queste parole Gesù inaugura appunto un suo presenziare continuo nella storia in forma reale ed effettivo che si perpetua tutte le volte che si celebra un'Eucarestia: le sembianze saranno sempre quelle del pane e del vino, ma non la sostanza, che è il Suo Corpo e il Suo sangue e ripresenta il medesimo sacrificio compiuto una volta per tutte più di duemila anni or sono.

Cosicché non si può affatto negare che Cristo è assieme a noi. E lo è in tuti i sensi, anche nel senso reale e sostanziale. La sua presenza è tuttora salvifica come lo era prima del suo supplizio.

Ma in tutto questo c'è un "comune denominatore": l'amore per l'umanità. Questa è la pedagogia di fondo che lascia Gesù con l'oblazione di se stesso e con l'aspersione: il fatto che Dio ci viene incomntro perché amore infinito che cerca di riconciliare l'uomo con se. E nella logica di questo amore Egli impartisce la medesima pedaogia: lavare i piedi a qualcuno era per l'epoca corrente prerogativa dei soli schiavi pagani, Gesù lo insegna invece a chi è stato schiavo del peccato e lo impartisce quale monito di salvezza per tutti. In altre parole, se Dio ci ha amati fino a tal punto, è lo stesso amore fra di noi che ci qualifica come posti alla sequela di Gesù. E sempre questo amore reciproco e denso di sincerità è la sola caratteristica che ci aiuta a riconoscerci tutti nella dignità; si tratta ovviamente di un amore vero, realizzato a partire dalla fuga dalla maldicenza e dal pettegolezzo, per proseguire nell'accettazione del vicino di casa come anche dell'avversario che non va' considerato nemico per finre poi al sacrificio per gli altri sull'esempio di chi ha sparso il suo sangue per noi

 

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